Bando endotermiche – Il punto sullo stop alle vendite dal 2035 – DOMANDE E RISPOSTE

Lo stop alla vendita di auto a combustione interna nel 2035 è il grande protagonista delle discussioni tra le diplomazie europee. Quello che sembrava un voto scontato si è trasformato nell’ennesima prova di procedure comunitarie farraginose e dipendenti da delicati equilibri politici.  dunque il caso di fare un punto della situazione, cercando di rispondere ad alcuni leciti interrogativi.

Cosa sta succedendo a Berlino?
Le radici del problema risalgono al 14 febbraio scorso, quando l’Europarlamento ha approvato in via definitiva il testo dell’accordo raggiunto al termine del cosiddetto trilogo, la procedura di trattative informali con il Consiglio Ue e la Commissione. Tutto sembrava instradato verso un via libera anche nei passaggi successivi: rimaneva solo l’adozione formale dello stesso Consiglio per procedere con la pubblicazione in Gazzetta e, quindi, con l’avvio del processo di recepimento all’interno del quadro regolatorio di ogni singolo Paese membro. Le cose, però, non sono andate come molti speravano. Negli scorsi giorni, infatti, l’Italia ha formalizzato l’intenzione di votare contro il provvedimento in seno al Coreper, l’incontro degli ambasciatori dei Paesi membri Ue propedeutico al Consiglio del 7 marzo prossimo. Al no italiano si sono aggiunti i dubbi espressi da alcuni esponenti tedeschi, a partire dal ministro dei Trasporti, Volker Wissing, una decisione analoga da parte della Polonia e l’astensione della Bulgaria. Così, il via libera definitivo all’adozione del testo è diventato più incerto.

Qual è la posizione della Germania? Cosa c’entrano gli e-fuel?
I tedeschi hanno chiesto esplicitamente alla Commissione europea di inserire nel provvedimento la possibilità di derogare allo stop totale ai motori a combustione, in modo da consentire la produzione e la vendita di propulsori in grado di funzionare con gli e-fuel, i carburanti sintetici. Si tratta di una deroga sostenuta da uno dei tre partiti di coalizione, i liberaldemocratici dell’Fdp. Gli altri due partiti, i Socialdemocratici e i Verdi, sostengono invece il bando, con i secondi propensi a uno stop inequivocabile e senza deroghe. Tuttavia, negli ultimi mesi la corrente ambientalista dell’esecutivo guidato da Olaf Scholz è finita al centro di aspre polemiche, che ne hanno indebolito la posizione: i Verdi, infatti, sono accusati di incoerenza nella gestione dell’attuale crisi energetica per avere ribadito la loro opposizione al nucleare e, al contempo, per aver sostenuto un maggior ricorso a fonti altamente inquinanti come il carbone. Dunque, l’Fdp ha potuto ottenere più spazi di manovra nel chiedere alla Commissione un approccio maggiormente improntato alla neutralità tecnologica.

A cosa può portare la posizione tedesca?
L’atteggiamento della Germania a Bruxelles dipende fortemente dai delicati equilibri in seno alla coalizione di governo. Wissing ha minacciato l’astensione durante le procedure di voto, il che determina una serie di conseguenze all’interno del particolare sistema di votazione stabilito dai trattati europei. La questione del bando delle endotermiche non rientra tra le materie da votare all’unanimità (politica estera e sicurezza comune, imposizione fiscale, sicurezza e protezione sociale, adesione di nuovi Stati, cooperazione di polizia operativa tra gli Stati membri) e quindi non è soggetta a poteri di veto. Basta la maggioranza qualificata: il 55% degli Stati membri (15 Paesi su 27) vota a favore e gli Stati che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione Ue. C’è, però, la possibilità che si venga a creare una minoranza di blocco in grado, per l’appunto, di stoppare l’intero iter e far vacillare tutto il provvedimento: in tale circostanza bastano almeno quattro membri del consiglio intenzionati a votare contro (l’astensione vale come voto contrario). Nel caso del bando, se la retromarcia italiana rispetto al voto favorevole espresso nei mesi scorsi venisse seguita anche dalla Germania, oltre che dalla Polonia e dalla Bulgaria, allora la soglia del 65% non sarebbe più rispettata. 

Ci sarà un altro rinvio?
Il problema è che non si capisce cosa voglia effettivamente fare la Germania: una situazione che ha generato l’incertezza che ha spinto la presidenza svedese dell’Ue a cancellare l’esame del provvedimento dal primo punto all’ordine del giorno del Coreper. Il perché di questa decisione è presto detto: il Coreper deve chiudere senza problemi le discussioni affinché la proposta venga inserita tra i punti “A” del Consiglio Ue: ovvero, quella sezione dell’ordine del giorno che include argomenti da votare senza ulteriori discussioni. Di norma, circa due terzi dei punti sono adottati come punti “A”, ma l’esame può essere riaperto su richiesta di uno o più Stati membri e inserito nella sezione “B”, che include questioni sulle quali, per l’appunto, non è stato raggiunto un accordo. Ecco spiegata la decisione svedese: i dubbi tedeschi hanno aumentato la possibilità che non venisse raggiunta un’intesa, complicando l’intero iter. Il problema è che domani, venerdì 3 marzo, la questione potrebbe rimanere altrettanto irrisolta di fronte a un nuovo esame. Secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa, infatti, se ci fosse ancora incertezza, la presidenza potrebbe rinviare di nuovo la discussione. L’esito sempre più probabile pare essere proprio questo: la Germania sta incontrando non poche difficoltà nello sciogliere le proprie riserve in tempo entro domani e perciò avrebbe chiesto altro tempo. La presidenza svedese dell’Ue sembra propensa a rimandare la discussione per evitare di andare al voto con una probabile astensione tedesca e, di conseguenza, il rischio sempre più elevato di una bocciatura del provvedimento. In tal senso, risultano emblematiche le parole di Ebba Busch, vicepremier della Svezia, su una spaccatura interna al blocco comunitario: “Oggi è emerso chiaramente che molti ministri chiedono ulteriori analisi su come rispondere adeguatamente alla legge sulla riduzione dell’inflazione” negli Usa, “ma allo stesso tempo molti vogliono accelerare”. 

Quali sono i prossimi passi?
Dunque, in vista del 7 marzo prossimo, la data prevista per il voto definitivo del Consiglio Ue, l’incertezza regna sovrana e Berlino, mentre continua a fare pressioni sulla Commissione europea affiché venga soddisfatta la richiesta di un’apertura agli e-fuel, rimane l’ago della bilancia. Nel caso in cui i tedeschi presentassero un’astenzione formale, allora si aprirebbero nuove strade, perché il provvedimento dovrà essere cancellato dall’ordine del giorno. A questo punto, la palla passerebbe alla presidenza svedese, che in tale veste ha un ruolo di mediazione decisivo. Due sono le alternative: rinviare l’accordo al trilogo oppure appellarsi alla Commissione affinché presenti una nuova proposta. In entrambi i casi, l’iter dovrebbe ripartire quasi da zero, aumentando un’incertezza non certo favorevole alle scelte strategiche di un settore automobilistico sempre più stretto tra l’incudine e il martello. Il bando e le sue conseguenze, dunque, rimangono centrali nelle discussioni diplomatiche ai più alti livelli istituzionali europei. Lo dimostrano anche gli incontri bilaterali annunciati dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, con i colleghi di Austria, Romania, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia per parlare proprio di politica industriale e del dossier automotive.