Bolide – Hamilton, il re che non abdica

Il binomio è da paura: la Mercedes e Lewis Hamilton, oggi, sono la F.1. Con buona pace di Max Verstappen (Red Bull), che pure ha vinto il mondiale Piloti di quest’anno all’ultimo minuto dell’ultimo giro. Perché, comunque, Lewis era là, poteva diventare campione a sua volta, e non c’è riuscito per un amen. Dal 2014, quando è cominciata l’era turbo-ibrida, Hamilton e la Mercedes hanno raccolto sei mondiali Piloti (e un altro è andato al suo compagno di squadra, Nico Rosberg, nel 2016) e otto Costruttori (cioè, tutti). Insomma, il campione 2021 è nuovo, ma la musica non è poi così cambiata: la combinazione Hamilton-Mercedes è di quelle memorabili, tale da attirare un gran numero di appassionati.

Baronetto in ritardo. Ovvio, Lewis non ha preso bene il finale di stagione: quest’anno sperava di arrivare per primo a otto titoli (il primo, l’inglese l’aveva vinto nel 2008 con la McLaren-Mercedes), superando così Michael Schumacher. Qualcuno ha pure azzardato che il campione britannico abbia pensato se continuare o meno in F.1. Ma la voglia di rivincita ha spazzato via ogni pensiero, dentro e fuori la testa di Hamilton. E se Lewis ha perso di un soffio il titolo piloti, ha guadagnato, non senza ritardo da parte della Casa Reale britannica, quello di baronetto, investitura avvenuta al castello di Windsor, alla presenza del principe Carlo. Una soddisfazione per un ragazzo unico nell’ambiente della F.1, dotato di una forza e di una personalità capaci di travalicare il mondo del Circus per abbracciare le sensibilità contemporanee della nostra era; stile, certo, ma soprattutto difesa dei diritti umani e dell’ambiente. Non è un caso che il suo garage si stia progressivamente svuotando di modelli a combustione interna in favore di altri ibridi o completamente elettrici.

Personaggio vero. Tutto questo, che rende Hamilton un personaggio globale, lo vede però anche immerso in un rapporto speciale con la sua monoposto. Anzi, con le sue monoposto, sempre con la Stella di Stoccarda sul musetto: perché Lewis è inscindibile dalle Frecce d’Argento, tanto da essere diventate Frecce nere in ossequio alla lotta contro il razzismo di cui, certo, Hamilton è portavoce. un esercizio inutile cercare di individuare la monoposto con cui lui si è trovato meglio. Anche perché, dal 2014 a oggi, Lewis non ha mai vinto meno di nove gran premi a stagione, con quattro punte di undici successi all’anno: un vero hummer time. E, in questo, la superiorità e l’affidabilità della sua Mercedes hanno inciso, pur non riuscendo a spiegare tutto. Il segreto del successo di Lewis, più che nella simbiosi con un bolide in particolare, va ricercato nella capacità di mettere a punto e portare al limite le monoposto che ha guidato, oltre che nell’abilità di far fronte col talento puro a imprevisti di gara (al riguardo, le sue proverbiali lamentele via radio con il box rappresentano una divertente costante durante i G.P.). La sua è stata una scommessa stravinta quando, a fine 2012, decise di lasciare la McLaren per sposare la causa della Mercedes, sostituendo l’asso tedesco Michael Schumacher. Da lì in avanti, Hamilton e la sua squadra sono cresciuti insieme, e con l’inizio del periodo turbo-ibrido, al quale la Casa di Stoccarda si era preparata per gradi, hanno avviato un ciclo che ha stupito il mondo. E che non pare affatto concluso.