Bugatti – Chiron Super Sport, pronta al decollo

Nell’immaginario collettivo, le ultime sportive costruite dalla Bugatti rappresentano l’essenza pura della velocità. E nei loro confronti non si è mai parlato d’altro, o meglio si è sempre puntato tutto solo ed esclusivamente sulle prestazioni velocistiche. Anche in quest’ultima frase, guardate quante volte abbiamo scritto la parola velocità, di cui, se ci fate caso, non esistono sinonimi: della Chiron Super Sport si sapeva già tutto, nel senso che il modello è stato svelato al Milano Monza Motor Show lo scorso giugno ed è stata preceduta dalla versione Super Sport 300+ tirata in soli 30 esemplari, chiamata così perché nel 2019 è stata la prima auto di serie in grado di superare la barriera delle 300 miglia orarie, con una velocità massima di 490,484 km/h (304,773 mph). La Super Sport, invece, abbina a una velocità massima di tutto rispetto (440 km/h), una seconda anima fatta di confort, lusso e versatilità. Si differenzia dalla versione base per 100 cavalli e 300 giri in più (allunga fino a 7.100), con i 1.600 Nm di coppia disponibili da 2.250 a 7.000 giri (invece che 6.000), ottenuti con alcune modifiche al propulsore W16 di 8 litri. Anche il telaio è stato adeguato alle maggiori prestazioni, ma soprattutto ci sono i pneumatici Michelin Sport Cup 2, con specifiche Bugatti (logo BG2 sul fianco), che alla massima velocità subiscono una forza centrifuga di 7 tonnellate! Tra le diverse versioni della Chiron, insomma, la Super Sport è una via di mezzo tra l’agilità (Pur Sport) e la velocità (Super Sport 300+).

Recandoci a Molsheim, in Francia, in una freddissima giornata di marzo, siamo stati accolti dal team Bugatti proprio come dei potenziali clienti: abbiamo avuto accesso allo Chateau St. Jean, la sede degli uffici e di un piccolo museo multimediale che racconta la storia del marchio, e alla Remise Nord dove ci sono alcune vetture storiche del marchio, tra cui una curiosa vetturetta elettrica che Ettore Bugatti utilizzava per muoversi all’interno della sua tenuta. Il motore elettrico era derivato dal motorino di avviamento della possente Type 41 Royale (solo 6 esemplari al mondo, di cui uno riposa proprio a fianco della Ev). Bugatti era infatti un grande genio del marketing ante litteram e si faceva vedere apposta a bordo di questa vetturetta quando i clienti venivano a ordinare le macchina, in modo da creare in loro il desiderio di possedere pure quella. Lo stesso fece con una piccola automobilina per bambini, sempre elettrica e replica della Type 35, che costruì per il quarto compleanno del figlio minore Roland. Quando i clienti passavano con i loro figli, immaginate cosa potesse succedere.

Nella Remise Sud, dove i clienti possono personalizzano la propria Bugatti tailor made, ci accoglie Andy Wallace, il collaudatore ufficiale. Il quale è sicuramente il personaggio più caratteristico del brand, dato che incarna perfettamente l’essenza del tipico pilota Inglese di auto da corsa. Con un curriculum di tutto rispetto, tra cui 3 vittorie alla 24 ore di Daytona, 2 alla 12 ore di Sebring e una al debutto alla 24 di Le Mans (1988 con la Jaguar XJR-9), Andy è preceduto dal suo basso profilo e dalla sua naturalezza. Ti aspetti una celebrità, e invece parli con un omino piccolino, fin troppo normale e alla mano, tanto che durante il test drive ci verrà spontaneo chiedergli del suo rapporto con la velocità, perché Andy nel tempo è diventato un figlio del vento, portando nel 1998 la McLaren F1 a 386 km/h e appunto, nel 2019, la Chiron quasi a 500 Km/h.

La vettura non può spostarsi senza che Andy sia alla guida o passeggero, per motivi di assicurazione, e così gli chiediamo di mettersi al volante per primo e spiegarci le caratteristiche dell’auto. E la prima domanda che gli facciamo, per rompere il ghiaccio, è proprio: “Andy, ma tu non hai paura della velocità? Insomma, qui non parliamo dei pur notevolissimi 300 km all’ora, ma di 300 miglia all’ora”. E lui, mentre fa scaldare con cura i liquidi della vettura, divertito ci risponde che ormai la velocità non gli fa più alcun effetto, specialmente quando deve collaudare le auto in pista e passa intere giornate sopra i 400 km/h. Ed è proprio questa la barriera che lui pone tra la normalità e una velocità dove le cose iniziano a farsi difficili, specialmente dopo i 450 km/h, quando la vettura tende ad alleggerirsi davanti e inizia ad aver bisogno di quasi due corsie di spazio. Fino a 400 km/h va tutto bene, per me è come andare a 130 all’ora in autostrada, sento di avere pienamente la situazione sotto controllo. Quando abbiamo fatto il record (490 km/h), la vettura stava continuando ad accelerare, ma ho dovuto mollare il gas perché altrimenti non avrei avuto lo spazio per fermarmi, ed è stato un peccato perché avremmo superato agevolmente la barriera dei 500 km/h. Prosegue raccontandoci che comunque non è la velocità in sé a essere pericolosa, ma il luogo e il momento. E non è così facile trovare lo spazio per finire il tachimetro di una Chiron

Assolutamente non sulle autostrade, dove lasciando perdere per un attimo il discorso limiti di velocità, anche il poco traffico può diventare un problema, perché la vettura accelera così poderosamente e in così poco spazio che anche auto che sembrano lontane si avvicinano alla velocità della luce. E ci fa vedere cosa succede stirando una terza marcia da 2.000 a 4.000 giri (Molsheim per fortuna è molto vicina al confine con la Germania e il test si è svolto su autostrade senza limiti). Il piccolo display al centro ci dice che abbiamo usato solo 700 CV, ma la spinta e soprattutto la rapidità con cui tutti gli oggetti davanti a noi si sono avvicinati sono qualcosa che non ha eguali, nel panorama automobilistico moderno. Andy prosegue con leggeri affondi, per poi arrivare in una zona completamente senza traffico, dove si ferma in una piazzola per armare il launch control In accelerazione, forse solo una moto da competizione può restituire le stesse sensazioni, almeno fino a 200 km/h.

Quando si ferma per il cambio pilota, non nascondiamo una certa apprensione, dovuta al fatto che ci si sente quasi costretti a dover andare veloce, a spingerla al massimo. Ma Andy ci tranquillizza, e ci spiega che è proprio questo l’equivoco, il discorso della velocità che facevamo all’inizio: una Chiron non è solo velocità, ma anche velocità. Mi ha detto, prova a guidarla come una macchina normale e poi mi dirai. E in effetti, a parte la leggera difficoltà per sedersi, perché è molto bassa, una volta entrati la sensazione è quella di essere seduti su una Bentley. Il parabrezza è come lo schermo di un cinema IMAX, gli specchi garantiscono una corretta percezione degli ingombri non proprio contenuti (la Chiron è larga ben 2,03 metri), lo sterzo è morbidissimo e volendo si può anche ascoltare musica con una qualità eccellente. Per tornare in fabbrica dobbiamo percorrere anche alcune strade cittadine, ed è come guidare una normalissima (o quasi) berlina: le sospensioni sono dure ma molto confortevoli, anche sui dossi, e grazie al cambio a doppia frizione, in modalità automatica, il traffico ci scivola letteralmente addosso. E in effetti mi rendo conto che, in autostrada, riesco a chiacchierare con un filo di voce a 150 km/h, immerso nel lusso della pelle e nel silenzio più assoluto. La Chiron è un’esperienza a parte, una super granturismo con cui macinare chilometri in qualsiasi situazione. Infatti Andy ci racconta che molti clienti nei primi mesi di possesso arrivano a percorrere anche 4/5.000 km al mese, con viaggi e itinerari lunghi (certo, il piccolo spazio per i bagagli non aiuta, ma di sicuro questo non è un problema per chi può permettersi una Chiron). E in effetti siamo letteralmente stregati da come sia possibile condurre un’automobile capace di raggiungere i 440 km/h, letteralmente con un dito e in totale sicurezza, senza sentirsi intimoriti.

Finiamo il breve test con un po’ di rammarico, perché la vettura è davvero incredibile anche solo da portare a spasso e non sappiamo quando ci ricapiterà di guidarla di nuovo, ma contenti perché ci aspetta ancora la visita della fabbrica, anzi, dell’Atelier, come lo chiamano in Bugatti, dove in un ambiente pulito come una sala operatoria vengono costruite le Chiron. Che, lo ricordiamo, sono già tutte vendute (ne saranno costruite solo 500 in totale, numero che comprende le diverse varianti). Ma questa è un’altra storia.