Carlos Tavares – “Pronti ad aumentare la produzione della 500 elettrica, ma mancano i componenti”
eIl gruppo Stellantis è pronto ad aumentare la produzione della Fiat Nuova 500, ma, al momento, si trova ad affrontare numerose limitazioni, a partire da una mancanza di alcune componenti destinata a durare anni. “A Mirafiori ha spiegato l’amministratore delegato Carlos Tavares durante una conferenza stampa potremmo produrre il triplo di quello che stiamo producendo adesso. Il limite non è dovuto alla capacità della fabbrica o alla disponibilità di pacchi batteria, ma alla carenza di altre parti, che sono soggette alla fornitura di semiconduttori”.
Incrementi e limiti. “La 500 elettrica è la Bev più venduta in Europa e potremmo venderne molte di più. Nel 2021 ne abbiamo prodotte 45 mila: potremmo facilmente arrivare a 90 mila unità e organizzarci anche per farne il triplo, ha rimarcato il dirigente lusitano. Non ci sono colli di bottiglia nella produzione, anzi ci sono stati miglioramenti anche sulla qualità, che oggi è ai massimi standard mondiali anche grazie ai lavoratori.
Enormi potenzialità. Il gruppo, comunque, sta lavorando “con i fornitori per migliorare la situazione” e sfruttare le “enormi potenzialità della 500”. “Stiamo cercando di rimuovere tutti gli ostacoli”, ha proseguito Tavares, “e se riusciremo a risolvere i problemi di fornitura potremo fare molto di più. In tal caso, non sono escluse conseguenze positive, tra cui nuove assunzioni a Mirafiori (“Le faremo, se i nostri progetti hanno successo”). Tra l’altro, a Torino è in vista l’arrivo sulle linee delle nuove Maserati, tra cui la GranTurismo. “La nuova GranTurismo è straordinaria”, ha commentato il ceo, “è forse l’auto più bella che abbia mai visto in 41 anni di lavoro in questo settore”. Di sicuro, nel futuro del Tridente “ci saranno molte cose meravigliose”.
Nuovi progetti. Per Mirafiori, quindi, il futuro sembra meno oscuro rispetto al passato, anche perché il costruttore euro-americano ha allo studio diverse iniziative oltre alla realizzazione di un polo per l’economia circolare e all’avvio della produzione di trasmissioni. possibile, infatti, che le aree non utilizzate vengano destinate ad altri usi, come la generazione di energia. Tavares non si è voluto sbilanciare: “Con il rincaro degli ultimi mesi, capiamo tutti quanto uno stabilimento compatto sia più efficiente”. Stellantis intende liberare ulteriori spazi, magari per destinarli ad attività condivise con il comune di Torino, e sfruttare i tetti per produrre energia fotovoltaica, come già avviene in alcuni siti. “Possiamo accelerare e investire in questi progetti da soli o con un partner. Stiamo parlando con diverse società energetiche e con investitori”, ha argomentato Tavares, spiegando che “la decisione verrà presa entro la fine del mese”.
I freni dell’elettrico. Il destino della fabbrica torinese, comunque, è legato alla mobilità elettrica, un tema più volte oggetto di allarmi da parte del manager portoghese. Durante la conferenza stampa, Tavares ha ribadito la sua convinzione che le decisioni siano state imposte più dalla politica che dal mercato e la conseguente necessità di adeguarsi ai diktat legislativi e di lavorare per rendere accessibile alla classe media una soluzione tecnologica che oggi non lo è, per tante ragioni: “Ci vogliono 3/5 anni per fare un’auto, 10 anni per creare un’infrastruttura adeguata e almeno 20 per disporre di tutta l’energia pulita necessaria”. Ecco perché, a suo avviso, il mild hybrid rimane la “miglior alternativa per l’ambiente, visto che permette di ridurre le emissioni del 50%”. D’altro canto, l’adozione della mobilità elettrica deve affrontare oggi due grandi ostacoli: “I costi delle materie prime, che sono volatili e incidono su quelli delle batterie e quindi delle auto, ma anche i costruttori cinesi che stanno entrando sul mercato europeo con prezzi molto bassi. Può essere inizialmente un vantaggio per i consumatori, ma potrebbe mettere a rischio il settore automotive. Vorremmo competere a livelli equi, ma sarà una corsa molto difficile, serrata”.
L’uscita dall’Acea e l’incognita Cina. L’amministratore delegato ha toccato diversi altri temi. Per esempio, l’uscita dall’Acea: “L’abbiamo lasciata perché ci siamo resi conto che i governi non ascoltano l’associazione. Non ho nulla contro Acea né contro i suoi membri, ma posso investire meglio le mie risorse e il mio tempo”. Ha parlato anche della Cina, dove il gruppo non ha ancora una presenza importante: “Vedo elementi che rappresentano un rischio rispetto a come noi facciamo business. Cerchiamo di mantenere un dialogo molto aperto con le autorità cinesi, discutiamo in modo franco e prendiamo decisioni tenendo presente il rischio geopolitico. Che cosa succederà alle aziende esposte sul mercato cinese? Non essere presenti sul mercato più grande del mondo è rischioso, certo, ma, se le tensioni crescono, si rischia anche di essere troppo dipendenti da quella realtà. Sono due facce della stessa medaglia, su cui stiamo facendo valutazioni”.
Le strategie sull’Africa. Tavares, infine, è stato interpellato sulle finalità del recente investimento in Africar Group per la creazione di un portale per la vendita di usato. “Ovunque siamo abbiamo la responsabilità di essere carbon neutral entro il 2038”, ha replicato. “Non è etico portare fuori dall’Europa CO2 che non possiamo produrre più noi. Il tema delle emissioni è globale, ma fuori da Usa ed Europa l’auto elettrica non è realistica e dobbiamo avere un approccio pragmatico. Offrire auto più efficienti a chi non può avere le elettriche aiuta a ridurre comunque le emissioni. Non vogliamo continuare a costruire ricchezza basata su un business che esporta CO2. Non sarebbe etico. Non porteremo in Africa tutto ciò che non è più accettabile da noi, ma soltanto ciò che è più efficiente di ciò che c’è ora, ha concluso.