Dacia Duster Gpl – Essenziale, ma con tutto quel che serve

Uno dei segreti del successo della Dacia è la sincerità; dalla Sandero alla Spring passando per Jogger e Duster, nessuna auto del brand finge d’essere nulla di diverso da ciò che è. Quattro modelli, ognuno con una peculiarità differente, tutte estremamente schiette. Niente orpelli estetici né sigle suggestive: qui si bada al sodo, come fa buona parte degli italiani quando arriva il momento di mettere mano al portafogli per acquistare una nuova auto. I prezzi accessibili hanno certamente aiutato il costruttore a raggiungere il podio delle vendite, ma in questo primo contatto con la Duster a Gpl ho capito come le auto del marchio sono tutt’altro che low cost (nonostante i costi contenuti, da 18.500 a 21.550 euro), pur puntando tutto su concretezza ed essenzialità.

Essenziale. Sulla Duster, la posizione di guida è alta e gli interni sono spaziosi e confortevoli. Il piccolo motore turbo da 100 cavalli con la doppia alimentazione benzina e Gpl offre tutto quel che serve per sopravvivere nel traffico cittadino tenendo i consumi dalla parte della ragione: la Casa dichiara 6,9 litri per 100 chilometri nel ciclo misto. E questo è un altro punto di forza del marchio, che propone vetture che hanno prezzi abbordabili al momento dell’acquisto, ma anche costi di gestione molto interessanti. Così, la Dacia è riuscita a parlare a un pubblico sempre più ampio, che giorno dopo giorno compie scelte logiche e ragionate. Intendiamoci, l’abito continua a fare il monaco e il prodotto resta subordinato al potere del brand, ma è evidente come il manifesto Dacia sappia trovare un consenso in quelle persone che, indipendentemente dal potere d’acquisto, oggi si identificano in un prodotto radicale. E con l’ultimo restyling il brand ha pure rincarato la dose, rinnovando il look del proprio logo e semplificando al massimo la scritta Dacia per renderla un segno grafico facile e intuitivo, che strizza l’occhio a una subcultura che si affaccia sul mondo dei viaggi e dell’avventura. Rafforzando così l’immagine di un brand che sa essere desiderabile proprio per la sua capacità di limitarsi all’essenziale.