Elettriche cinesi – I governi europei si dividono sui dazi

La questione dei dazi europei all’import di auto elettriche prodotte in Cina rischia di generare una spaccatura non solo tra le istituzioni e il mondo produttivo del Vecchio continente, ma anche tra i 27 Paesi membri della Ue. Bruxelles, secondo le ultime indiscrezioni di stampa, ha concluso la raccolta dei pareri sull’imposizione o meno delle nuove tariffe doganali e il risultato mostra una netta divisione tra i favorevoli e i contrari. Dodici governi, tra cui quelli di Italia, Spagna e Francia, hanno espresso un voto positivo, quattro si sono detti contrari e undici si sono astenuti.  

Per ora nessun vincolo. Al momento i pareri non sono vincolanti, ma sono comunque influenti. La Commissione, infatti, dovrà tenerne conto al momento di prendere la decisione definitiva. In tal caso, è previsto che entro il 2 novembre il Consiglio Ue proceda con l’eventuale ratifica o meno delle disposizioni di Bruxelles con un voto (questa volta di natura vincolante) a maggioranza qualificata: per bloccare il provvedimento basta il voto contrario di 15 Paesi in rappresentanza del 65% della popolazione dell’Unione e chi oggi si è astenuto, se confermasse tale posizione, verrebbe conteggiato proprio tra i contrari. Dunque, al momento e salvo sorprese, sembra ci sia già una maggioranza in grado di fermare i propositi della Commissione. A tal proposito, è di particolare importanza il ruolo della Germania: per ora Berlino ha optato per l’astensione in uno spirito di  “solidarietà critica” con i vertici europei, ma ha sempre manifestato il suo dissenso per il timore di ritorsioni commerciali da parte di Pechino. E i tedeschi, va ricordato, sono da sempre l’ago della bilancia nella gran parte dei principali provvedimenti economici del blocco comunitario, non foss’altro per la capacità di coagulare l’interesse di Paesi, soprattutto del Nord e dell’Est Europa, che ruotano intorno alla sua economia: è il caso della Svezia, della Finlandia, della Polonia o della Repubblica Ceca.