Fiat Grande Panda – Il primo test della nuova segmento B
Com’è giusto che fosse, la Fiat ha deciso di presentare la Grande Panda al Lingotto, simbolo archetipale di un’era in cui l’Italia iniziava a rivendicare un ruolo di leader globale nell’automobile popolare, poi orgogliosamente difeso con decine e decine di prodotti mass market. Abbiamo già pubblicato le caratteristiche fondamentali del modello che riporta il marchio nel segmento B dopo anni di assenza: vado comunque a ripeterle, per meglio introdurre le prime (anzi, primissime, ché oggi c’è stata l’anteprima per i membri dell’Auto dell’anno, organizzazione che generosamente mi accoglie) impressioni di guida. Piattaforma Smart (quella già utilizzata da Citroën C3 e Opel Frontera), powertrain elettrico oppure benzina tre cilindri 1.2 da 100 CV, lunghezza di un filo inferiore ai quattro metri e forti richiami stilistici (perlomeno nell’angolatura delle lamiere) alla Panda di de Benedetti (che, lo ricordo, si chiamava così – la Panda, non de Benedetti – in onore di una divinità romana di seconda fascia protettrice delle strade: l’immedesimazione con il simpatico mammifero è venuta in automatico dopo).
Prima di salire sull’elettrica (quella c’era, non iniziamo con le polemiche), qualche annotazione sui prezzi, perché rispetto alle comunicazioni di ieri Fiat è andata sullo specifico, chiarendo alcuni dubbi. La Hybrid è offerta in tre allestimenti (Pop, Icon e la Prima) i cui prezzi sono, rispettivamente, 18.900 euro, 20.400 e 22.900. A questi valori (che comprendono la messa in strada di 1.100 euro) vanno poi sottratte le promozioni di lancio, ovvero mille euro in caso di rottamazione di un’auto di omologazione uguale o inferiore a Euro 4 e altri 950 euro se si opta per il finanziamento. Stesso meccanismo si applica per la Bev: due allestimenti – La Prima e Red – che costano 24.900 e 27.900 euro e il cui prezzo – nel caso della Red – si riduce a 23.900 con rottamazione e a 22.950 con finanziamento (analogo taglio per l’altra).
Dunque, La Prima color menta con cui sto scendendo la straordinaria rampa del Lingotto, immerso in un’architettura brutalista che fa il paio con le linee tagliate con l’accetta della piccola serba (l’auto la fanno a Kragujevac, già casa della 500 L), si piazza attorno ai 25 mila euro, che è più o meno lo stesso prezzo della della R5 equivalente, ovvero con batteria da 40 kWh (la Panda ce l’ha da 44). Al volante, si capisce subito che l’italiana e la francese – pur lottando nella stessa categoria – hanno obbiettivi diversi, che a loro volta si riflettono nell’approccio progettuale prescelto. La Renault è un’eccellente rivisitazione di un modello di cui si sono volute rigidamente mantenere le premesse: svelta macchina da guidare, assai chic nelle sue ossessive strizzate d’occhio agli stilemi dell’originale, paga la personalità sbarazzina con una disponibilità di spazio davvero minima (non che questo mi abbia impedito di votarla come Auto dell’anno, sia chiaro). La Panda, che è più lunga di appena 7 centimetri, punta al contrario sulla natura da family mover, sfrutta quella minima differenza di ingombri esterni per ottenere un’abitabilità interna da best in class e la Bev – che per la concorrente è l’unica declinazione disponibile – va onestamente considerata un inevitabile pedaggio alle normative di Bruxelles (Gaetano Thorel, responsabile del marchio Fiat per l’Europa, dice che se l’elettrica arriva al 15-20% del totale, quota che consentirebbe di evitare le multe, sarebbe un successo). Insomma, se una è fatta per divertirsi, l’altra nasce per offrire un mezzo di trasporto di costo abbordabile – secondo i parametri odierni – a nuclei familiari che verosimilmente hanno bisogno di una sola vettura in grado di fare tutto.
Ciò detto, non stupisce che la Grande Panda a batteria – guardata con grande curiosità dai passanti – avanzi paciosamente senza particolari ambizioni prestazionali, né nelle performance (a tavoletta, con opportuno lancio e traino aerodinamico di un inconsapevole furgone, ho faticato a superare i 130 all’ora), né nel comportamento dinamico, che presenta una morbidezza di funzionamento sovrapponibile a quella della sorella francese. A me non dispiace, anche perché la ritengo coerente con lo spirito del veicolo, ma chi preferisce tarature delle sospensioni più sostenute si stupirà del rollio. Visto che se ne fra un gran parlare, mi sono fermato a una colonnina per provare il famoso cavo retrattile nascosto da uno sportellino sul frontale. Lungo 4,5 metri, è sicuramente utile (intanto, si sporca di meno) ma rimetterne a posto il tappo prima di farlo rientrare nel pertugio porta via tempo. L’autonomia dichiarata è di 320 km in ciclo Wltp: un range reale di 280 dovrebbe essere alla portata, a giudicare dai dati del computer di bordo (che a un certo punto si è spento assieme all’intero infotainment, ritenendo sufficiente la strada percorsa). La potenza di ricarica in corrente continua è di 100 kW. Come detto da Olivier Franois, la Grande Panda – che sarà la copertina di Quattroruote di marzo e di cui sta per partire la campagna pubblicitaria, protagonista Shaggy (“Pandastic” lo slogan) – è la prima di una famiglia che includerà una versione più grande (finora conosciuta come Giga Panda) e, a un certo punto, pure il nuovo modello della Pandina. Curiosamente, Franois ha anche ricordato che la Fiat più venduta è la Strada di stampo sudamericano, ovvero un pick-up, e non ha escluso che il marchio possa andare a esplorare sviluppi in quella direzione, ché la piattaforma si presta a diversi utilizzi. Nei prossimi giorni pubblicheremo un video realizzato, sempre a Torino, dai valenti giovani della redazione.