Finanziamenti auto – La stangata sui prestiti

La Banca centrale europea è da mesi nell’occhio del ciclone per le sue politiche monetarie restrittive, destinate (almeno in teoria) a riportare l’inflazione ai livelli pre-pandemici. Al contrario, la decisione dell’Eurotower di aumentare senza sosta i tassi di interesse non sta solo fallendo nel raggiungere il suo obiettivo prioritario, ma sta anche determinando effetti negativi a cascata. Non si tratta solo dello spinosissimo tema delle rate dei mutui per l’acquisto delle abitazioni: anche il comparto automobilistico, infatti, deve affrontare le conseguenze delle mosse di Francoforte, con i tassi dei prestiti per l’acquisto di veicoli che hanno subito rincari a doppia cifra nel giro di pochissimi mesi. Qualche numero? La federazione dei bancari italiani, la Fabi, ha calcolato un aumento di oltre il 20% rispetto alla fine del 2021.

L’inflazione. Come è noto, la pandemia del coronavirus ha avuto effetti devastanti sulle catene di approvvigionamento globale, determinando una prima spirale inflazionistica, soprattutto per alcuni beni di particolare rilevanza per la vita quotidiana delle famiglie e delle imprese. Tuttavia, quando ormai l’economica globale sembrava aver imboccato un percorso di graduale normalizzazione, la guerra in Ucraina ha accelerato il rincaro dei prezzi. Il conflitto, infatti, ha immediatamente prodotto delle conseguenze sulle forniture del gas, spingendo le quotazioni internazionali su livelli senza precedenti: il picco è stato raggiunto la scorsa estate con valori ben oltre i 300 euro al metro cubo per i contratti scambiati al TTF di Amsterdam. Ovviamente, visto quanto importante sia il gas per le attività industriali europee, il rialzo si è fatto sentire prima sulle tariffe dell’energia e di riflesso su tutti i beni prodotti e venduti, come dimostrato dai tassi di inflazione dell’Eurozona: lo scorso ottobre hanno raggiunto il massimo storico del 10,6%, ma in alcuni Paesi dell’area baltica o dell’Europa orientale ha perfino superato il 20%. 

Il mandato della Bce. Il problema dell’inflazione è di particolare importanza per la Bce, oggi guidata dalla francese Christine Lagarde, perchè il mandato dell’Istituto di Francoforte stabilisce, in via prioritaria, l’obiettivo di mantenere stabili i prezzi nell’area della moneta unica. A tal proposito, c’è un valore di riferimento ben preciso: l’ormai famoso 2%. Per contrastare l’attuale livello dei prezzi al consumo, la Banca centrale ha quindi deciso di implementare una politica monetaria sempre più restrittiva, con continui rialzi dei tassi di interesse. In pratica, quasi ogni riunione del consiglio direttivo ha portato a un rincaro e oggi il tasso di riferimento è al 3,75%. L’ultimo aumento è stato di appena lo 0,25%, contro i precedenti 0,5, il che ha generato l’aspettativa che l’Eurotower metta un freno a una politica che non sta certo producendo effetti visto che l’inflazione continua a viaggiare su tassi ben lontani dal 2%. Per fare un banalissimo esempio, l’indice dei prezzi al consumo italiano si attestato ad aprile sull’8,3%, in aumento rispetto al +7,6% di aprile, mentre nell’Eurozona è risalito dal 6,9% al 7%, il primo aumento dal record dello scorso novembre.

Trasmissione monetaria. Dunque, le iniziative della Bce non producono conseguenze tangibili, il che ha portato non poche critiche nei confronti di Lagarde e dei membri del consiglio direttivo, anche perché una politica restrittiva aumenta le probabilità di una prossima recessione economica. Eppure, la stessa Lagarde è stata chiara nell’annunciare ulteriori rialzi dei tassi di interesse perché, come scritto dalla Banca centrale per spiegare il nuovo rincaro del denaro, “le prospettive di inflazione continuano ad essere troppo elevate per troppo tempo: le future decisioni del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi ufficiali siano portati a livelli sufficientemente restrittivi per conseguire un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2% e saranno mantenuti a tali livelli per tutto il tempo necessario”, ha aggiunto l’Eurotower. Fino a dove si spingerà la Bce non è dato saperlo. “Non sappiamo qual è il ‘magic number’, ma sappiamo che è un percorso e noi siamo in cammino”, ha affermato l’ex ministra francese, sottolineando come la poltitica monetaria “non sia ancora sufficientemente restrittiva”.

Gli effetti su mutui e prestiti. Intanto, però, sono i cittadini e le imprese a sentire gli effetti delle politica monetaria, sui mutui e su altre tiplogie di prestiti. Recente è un dossier della Fabi, dove si delinea l’impatto dell’ultimo rialzo del tasso di interesse al 3,75%. “Per quanto riguarda i nuovi mutui, le rate di quelli a tasso fisso sono destinate a raddoppiare, mentre per quelli a tasso variabile il ‘rimborso’ mensile dovrebbe salire del 50-60%”, scrive la federazione dei bancari, facendo l’esempio di un mutuo a tasso fisso da 200.000 euro a 25 anni con un tasso medio applicato dalle banche che potrebbe essere nettamente superiore al 5%: la rata mensile sarà di 1.218 euro (597 euro in caso di prestito da 100.000 euro). Non cambia granché se si parla di auto, un segmento dove i tassi di interesse sono ben più elevati. A fine 2021 il tasso medio era dell’8,1%, ma potrebbe arrivare al 12,8% con l’ultima mossa della Bce. Anche in questo caso, la Fabi simula in dettaglio il relativo impatto: “Per acquistare un’automobile da 25.000 interamente a rate, con un finanziamento da 10 anni, il costo totale passa da 37.426 euro a 45.704 euro, con una differenza complessiva di 8.279 euro (+22,1%) rispetto ai tassi di fine 2021”. Se questa non è una stangata, poco ci manca.