Formula 1 – Motori Honda: una lunga storia di successi

La storia della Honda, tornata al successo nel Mondiale con Max Verstappen, in Formula 1 inizia poco dopo il lancio delle prime automobili della Casa giapponese, fino ad allora impegnata solo nella produzione di motocicli, al Salone di Tokyo del 1962. Dopo un tentativo (fallito) di raggiungere un accordo con Colin Chapman per fornire i motori alla Lotus, Soichiro Honda decide di fare tutto in proprio e affida a Yoshio Nakamura il compito di realizzare la monoposto (denominata RA270), che sarà pronta nei primi mesi del 1964. Il debutto della versione definitiva, detta RA271, avviene il 2 agosto di quell’anno al GP di Germania: al volante c’è l’americano Ronnie Bucknum, che riuscirà a completare soltanto due giri. l’inizio di una serie di monoposto dotate di motore V12 di 1.5 litri, inizialmente collocato in una originale posizione posteriore trasversale, poi nella più tradizionale posizione longitudinale. La prima vittoria non tarderà: a firmarla sarà Richie Ginther, driver americano di buon livello, al GP del Messico del 1965. Poi sarà John Surtees, transfuga dalla Ferrari, a regalare una grande soddisfazione ai giapponesi, imponendosi con la RA300 a motore di tre litri proprio nel Gran Premio d’Italia del ’67.

Il ritorno. La Honda abbandonò la F.1 alla fine della stagione del 1968, in seguito anche alla perdita del proprio pilota Jo Schlesser che muore nel rogo della RA302 al GP di Francia di quell’anno. Bisognerà attendere il 1983 per vedere di nuovo il logo della Casa nipponica su una monoposto della massima categoria, la Spirit 201C di Stefan Johansson. Ci vorrà un po’ di apprendistato prima che Keke Rosberg riesca a riportare una vettura (la Williams) spinta da un motore Honda al successo. Accade al GP degli Usa del 1984, disputato a Dallas, ed è l’inizio di un ciclo di grandi soddisfazioni. Nel 1986, infatti, la squadra di sir Frank regala all’azienda del Sol Levante il primo titolo mondiale di F.1, imponendosi nella classifica Costruttori con la FW10, spinta dal motore V6 RA166E, accreditato di una potenza superiore ai 1.000 CV. Il 1987 si trasforma in una marcia trionfale per la Williams-Honda, che rivince il titolo Costruttori e porta Nelson Piquet al trionfo tra i piloti. Il quadro, però, è destinato a cambiare.

Dominio totale. Nel 1998, stanca delle diatribe interne tra Mansell e Piquet, alfieri della Williams, la Honda decide di associarsi alla McLaren, dando vita a un ciclo di supremazia rara nella storia della F.1. I piloti di Ron Dennis, infatti, sono imbattibili: Ayrton Senna vince i titoli nell’88, ’90 e ’91, Alain Prost nell’89 e la McLaren-Honda primeggia sempre tra i Costruttori. Dal Giappone arrivano prima dei V6 turbo straordinari, poi dei 10 cilindri a V di 72, infine dei 12 cilindri a V di 60, gli ultimi due con cubatura di 3.5 litri. Propulsori straordinari, vincitori di 8 titoli iridati complessivi.

Rientro difficile. Sazia di successi, la Honda si ritira di nuovo dalle scene, per farvi ritorno soltanto nel 2000: per cinque stagioni la Casa assocerà i proprio motori alla BAR, squadra non efficacissima, ma che comunque ottiene un pregevole secondo posto nella classifica Costruttori del 2004 grazie al valido apporto di Jenson Button, alle spalle della sola Ferrari dominatrice con Schumacher. Sarà lo stesso Button a riportare alla vittoria nel GP di Ungheria del 2006 la Honda, diventata nel frattempo costruttrice anche del telaio della monoposto, oltre che realizzatrice del motore, un V8 di 2.4 litri che prende il posto del precedente V10 di 3 litri. La crisi economica del 2008-2009 induce poi la Honda a lasciare nuovamente la F.1: un peccato, perché Ross Brawn rileva il team, ottiene i motori dalla Mercedes, e conquista i titoli mondiali Costruttori e Piloti del 2009 con Jenson Button

L’era ibrida. Ai Gran Premi la Honda farà ritorno soltanto nel 2015, associandosi nuovamente alla McLaren che schiera Button e Fernando Alonso: l’esperienza con le power unit ibride, estremamente complesse, è però difficile e i risultati non arrivano. Così, nel 2018, la Casa giapponese decide di associarsi a un team di secondo piano come la Toro Rosso per raccogliere dati senza avere l’ansia da prestazioni: è una scelta vincente, perché passata poi a fornire i propulsori alla Red Bull Racing, cioè a un squadra top, grazie anche all’abilità di un pilota emergente come Max Verstappen la strada del successo è ritrovata. Il pilota olandese riporta la Honda alla vittoria al GP d’Austria del 2019: da lì in poi è una serie di successi, gara dopo gara, culminata quest’anno con