Germania – I furbetti degli incentivi: “Un quinto delle Ev viene rivenduto all’estero”

Auto elettriche comprate col bonus e rivendute “col trucco”. E se non con un trucco vero e proprio, certamente con la scaltrezza di chi sa cogliere un affare nelle pieghe e nelle falle normative. Accade in Germania, dove il Center of Automotive Management (Cam), importante centro studi dell’Università di Scienze Applicate di Bergisch Gladbach, sta facendo emergere il fenomeno dei “furbetti delle Ev”: ovvero chi, acquistando una vettura a batterie con il vantaggio dei bonus pubblici, decide di esportarla all’estero realizzando un cospicuo guadagno. “Trucchi legali”, scrive esplicitamente il Cam, che avrebbero già generato un buco di “centinaia di milioni di euro” nelle casse statali tedesche.

Il fenomeno. Stando ai numeri del Cam, nel 2022 più del 16,2% delle elettriche di nuova immatricolazione è “uscito” dal parco circolante tedesco in quanto esportato all’estero. Si tratta, in assoluto, di circa 76 mila veicoli, un dato emerso da una semplice constatazione: tra gennaio e dicembre, le immatricolazioni di Bev si sono attestate su circa 470 mila vetture, a fronte di un aumento della flotta di poco meno di 400 mila unità per un totale di 1.013.009 unità. Lo stesso è avvenuto nel 2021: a fronte di circa 356 mila auto a batteria immatricolate, il parco è aumentato di 309 mila elettriche, per una differenza di quasi 47 mila auto (il 13,1%) sparite dalle strade tedesche. 

I sospetti. Secondo gli autori del report, “l’andamento delle immatricolazioni rafforza il sospetto che una percentuale significativa di auto elettriche di nuova immatricolazione sia stata esportata dopo il periodo minimo di detenzione di sei mesi stabilito dalle normative”. In pratica, dopo aver incassato incentivi fino a 9 mila euro e aver aspettato il necessario, i proprietari hanno venduto la loro elettrica al di fuori dei confini nazionali, realizzando anche un buon profitto. E, al contempo, determinando “un danno per l’erario”: circa 380 milioni di euro nel 2022 e 230 milioni nel 2021. Dunque, secondo il Cam, la Germania starebbe finanziando degli speculatori, di fatto spingendo la mobilità elettrica di altri Paesi, in particolare Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Svizzera, considerati i principali mercati di sbocco di questo specifico fenomeno. “Promozioni e agevolazioni fiscali per l’elettromobilità si traducono spesso in effetti collaterali indesiderati o in significative distorsioni del mercato”, scrive Stefan Bratzel, direttore del Cam e autore del report. “Non si possono sempre evitare del tutto, ma se agli abusi legali si aggiungono ogni anno danni per milioni di euro, il legislatore deve intervenire rapidamente. In questo caso, la reazione della politica è stata abbastanza lenta”. Bratzel si riferisce alla recente revisione dei meccanismi di incentivazione, che ha ridotto gli incentivi e alzato a un anno il periodo minimo di proprietà: misure che dovrebbero “ridurre in modo signficativo” l’export di elettriche, ma che sono forse arrivate troppo tardi. 

Colpito il premium. Il Cam identifica anche quali siano stati i costruttori più penalizzati da un’attività “lucrosa” per gli acquirenti e dannosa per lo Stato, ma – è bene precisarlo – perfettamente lecita: la maggiore discrepanza riscontrata tra l’immatricolato e il parco circolante riguarda la Tesla, con il 31,3% di volumi mancanti (in aumento rispetto al 18,5% del 2021), seguita dall’Audi al 27,5% (23,5% nel 2021), dalla BMW al 21,2% (20,6%), dalla Mercedes al 19,4% (12,8%), dalla Hyundai al 14,9% (11,9%), dalla Volkswagen al 13,9% (11%) e dalla Renault al 9,1% (7%).