Gims 2023 – Un’oasi di ambizione
Un attimo solo. Questa volta la deriva dei continenti non c’entra niente. E neanche il riscaldamento globale. Ah, per evitare un altro equivoco, non è neanche un miraggio. semplicemente il mondo che cambia, bellezza! Per questo il Salone di Ginevra, di cui ormai si erano perdute le tracce da quando la pandemia ci ha messo lo zampino, finalmente è tornato. Non tra le Alpi svizzere, ma in Qatar. Non è uno scoop, vero, ma se a vederlo scritto nero su bianco sembra ancora una cosa strana, immaginate a esserci dentro.
Perché in Qatar? Per la cronaca, ho dovuto aspettare l’una meno un quarto per fare la domanda che mi frulla in testa da quando mi hanno spedito quaggiù: perché in Qatar? Per fortuna, quello che avrebbe saputo darmi la risposta è stato puntualissimo. Morale, il direttore generale del Geneva International Motor Show (per appassionati e addetti ai lavori, Gims), ovvero Sandro Mesquita, non si è fatto desiderare. E così, l’uomo si è fatto trovare con la risposta prontissima. Che mi ha dato solo dopo aver sorriso un attimo. “Dobbiamo tornare indietro alla pandemia. Quando tutto il mondo era alla finestra a guardare cosa sarebbe successo. allora che ho ricevuto quella telefonata. Dal Qatar”. Decisamente più di una interurbana. E cosa volevano? “Che organizzassimo qualcosa a Doha. Un evento legato alle macchine, ovviamente. A dire la verità speravano più in un festival che in uno show. Ah, per inciso, ho parlato con il ministero del turismo, non con quello dei trasporti”. Insomma, all’inizio doveva essere un evento singolo.
Accordo decennale. Poi, siccome l’appetito vien sempre mangiando, si è trasformato nel pilot per la serie che verrà (“il” Ginevra del Qatar è già contrattualizzato per cinque saloni biennali, per un totale di dieci anni. E, tanto per fugare qualsiasi dubbio, il Salone di Ginevra continuerà imperterrito per la sua strada). Ma faccio un passo indietro. Perché in realtà, ieri sera al check-in dell’hotel, avevo davanti un inglese. Che aveva evidentemente approfittato dell’open bar della business class. Eppure, non per questo era particolarmente loquace: la verità è che era proprio al settimo cielo. Non ho fatto in tempo a domandarmi quale fosse il perché, che me lo ha spiegato lui. E così scopro che insieme al suo team londinese è stato coinvolto nell’organizzazione di questo ambaradan. “Partendo dal presupposto che il Salone di Ginevra è un ‘wow-show'” – mi spiega – bisognava saper replicare quello spirito lì, ma qui. Per famiglie, ma soprattutto per altre latitudini. Non esattamente una passeggiata. Ma già al primo meeting che ho fatto con loro, qui a Doha, ho sentito che tutti avevano voglia che succedesse. E guarda caso è successo”. Insomma, c’erano uno svizzero, un inglese e un emiro Non è una barzelletta, ma un’equazione, per cui i conti tornano sempre.
Tra sogni e realtà. La chiacchierata con Mesquita è andata avanti parlando anche di macchine in generale. E di visione, che secondo lui le Case auto hanno delegato ai governi (e parla dell’Europa), abbassando creatività e attrattiva. “Questo problema, qui non c’è. Per questo per noi del Gims è una grande occasione per far vedere che si può ancora fare. Non solo sognare”. O rimpiangere. Alle 2 arrivano tutti, compreso quello della telefonata a Mesquita (Akbar Al Baker, ministro del Turismo e ceo di Qatar Airways). I tempi non sono proprio svizzeri, ma è una prima volta. E anche le imperfezioni dell’organizzazione aggiungono quel non so che di “bello della diretta”.
Oggi e 100 anni fa. Se ne rendono conto tutti, quando, superato il controllo della security, prendono d’assalto l’immancabile buffet. Al momento del brindisi, o della reidratazione (siamo pur sempre alle porte del deserto), si scopre che le bevande non mancano. Il problema è che sono al di là del check point. Morale: che siamo rimasti a bocca asciutta non è solo un modo di dire. Adesso potrei sorprendervi con effetti speciali e descrizioni romanzate, tipo: “la prima impressione del visitatore è quella di un senso di grandiosità, di lusso e di bellezza. L’addobbo degli stand, la presentazione artistica a smaglianti colori dell’assieme, la decorazione floreale, le brillanti vernici delle macchine attirano il profano e piacciono al competente”. Ma prima o poi scoprireste che sono parole rubate al racconto che L’Auto Italiana del 1929 faceva del “VI Salone Internazionale di Ginevra”. Già, perché il bello di raccontare un evento come questo (la cui prima edizione è del 1905) è anche rispolverare la storia. Dell’auto, certo, ma anche di chi le fa. E le guida. così che si scopre che i corsi e i ricorsi ci sono anche in questo mondo a quattro ruote. Per questo un’osservazione come questa, sempre de’ L’Auto Italiana di 97 anni fa, può essere ricicciata per raccontare come mai le macchine siano ancora una cosa sexy. Basta cambiare continente. “Un tempo il possesso d’una automobile era considerato come un segno incontestabile di larga e felice ricchezza. Oggi l’automobile è francamente uscita dal quadro ristretto nel quale una volta era stata collocata e la sua volgarizzazione è diventata più che popolare, generale”. Morale, paese che vai, mercato che trovi.