Gruppo Volkswagen – Sindacati tesi e svolta elettrica: così Diess e Wolfsburg si giocano il futuro

Herbert Diess, il numero uno del gruppo Volkswagen, si è trovato davanti un osso duro, talmente duro che da Wolfsburg arrivano già voci di crisi ai vertici. L’osso duro si chiama Daniela Cavallo e svolge uno dei ruoli più importanti e delicati all’interno del settore automobilistico occidentale: pochi mesi fa, infatti, è stata nominata presidente del consiglio di fabbrica del gruppo Volkswagen e, in tale veste, è entrata anche all’interno del consiglio di sorveglianza, la vera “stanza dei bottoni” del costruttore tedesco. Nata 46 anni fa proprio a Wolfsburg, Cavallo ha iniziato la sua carriera nella storica fabbrica della città dei Lupi scalando le gerarchie e arrivando al vertice dell’organizzazione sindacale interna al posto di Bernd Osterloh, considerato “l’uomo più potente” dell’intero gruppo: più potente, perfino, di manager del calibro di Martin Winterkorn o Ferdinand Piech.  logico pensare che per raggiungere una posizione di primissimo piano, in una nazione fortemente meritocratica come la Germania e senza neanche avere la cittadinanza tedesca (la manager è figlia di calabresi emigrati in Germania durante la prima, grande ondata dei Gastarbeiter), siano necessarie grandi qualità e virtù: e infatti, la stampa tedesca parla di una donna carismatica, pacata, decisionista, a suo agio nell’affrontare gli scontri sindacali. Di più: stando alle indiscrezioni tedesche, è proprio lei la figura che deve fronteggiare l’amministratore delegato Diess, uscito sì vincitore da una battaglia senza esclusione di colpi con Osterloh, ma con grandi perdite e senza aver soddisfatto tutti i suoi obiettivi.

L’attacco di settembre. Le nuove turbolenze ai vertici della Volkswagen risalgono agli inizi di settembre. In una riunione del consiglio di sorveglianza, dove la metà dei posti è occupata da rappresentanti sindacali e forte è l’influenza del Land della Bassa Sassonia (ha potere di veto su decisioni strategiche nonostante abbia solo il 20% del capitale), Diess avrebbe colto l’occasione per lanciare un messaggio forte e chiaro proprio ai sindacati e alla politica: una transizione verso la mobilità elettrica troppo lenta, unita allo sbarco sul mercato tedesco di concorrenti agguerriti come la Tesla e numerose startup cinesi, minaccia almeno 30 mila posti di lavoro, circa un quarto dell’intero organico tedesco del marchio Volkswagen, per la maggior parte impiegato a Wolfsburg. Diess avrebbe quindi attaccato la scelta presa in passato di escludere la storica fabbrica sassone dalla prima tornata di investimenti per l’elettrificazione. Il manager aveva, invece, intenzione di trasformare Wolfsburg nello stabilimento modello della nuova era all’insegna degli elettroni, in pratica di farne un fiore all’occhiello, una bandiera del nuovo corso. I sindacati e Osterloh si sono opposti nel timore di profonde conseguenze per la forza lavoro e l’ipotesi è stata respinta: il consiglio di sorveglianza, infatti, ha invitato Diess alla massima prudenza e al silenzio sull’intera vicenda. Silenzio superato da spifferi di stampa, i quali hanno scatenato comunque un’ondata di indignazione nei confronti dell’ad e una netta presa di posizione del consiglio di fabbrica: alla fine, la sola ipotesi di tagliare 30 mila posti è stata bollata come “assurda e priva di logica”. 

Le accuse di Cavallo. Ora, a controversia apparentemente rientrata (anche in vista di un mese cruciale: come da tradizione, a novembre la Volkswagen è impegnata nel nuovo ciclo pluriennale di programmazione degli investimenti e delle strategie di prodotto), su Diess è piovuta un’altra doccia fredda: è stata la stessa Cavallo a farsi avanti, accusando l’ad di non avere a cuore i lavoratori. In particolare, a innervosire la leader sindacale sarebbe stata la decisione dello stesso Diess di non partecipare a una riunione in calendario per il 4 novembre e di privilegiare un incontro con investitori e politici negli Stati Uniti. “Il motivo della cancellazione della sua presenza è eloquente. Herbert Diess preferisce gli investitori di Wall Street alla forza lavoro dell’azienda. Questo comportamento non ha precedenti nella storia del nostro gruppo e dimostra ancora una volta che, anche in tempi di crisi, l’amministratore delegato del gruppo non ha alcuna empatia con la forza lavoro e nessun sentimento. Semplicemente non si interessa delle preoccupazioni dei lavoratori”, ha aggiunto la sindacalista, dipingendo un Diess incurante della “situazione drammatica” affrontata dal gruppo per colpa del continuo ricorso alla cassa integrazione e degli stop produttivi causati dalla crisi dei semiconduttori. Alla dura presa di posizione ha replicato un portavoce della Volkswagen, affermando che il viaggio di Diess negli Stati Uniti era stato organizzato da tempo e non poteva essere riprogrammato. Inoltre, lo stesso manager ha invitato il personale di Wolfsburg a partecipare a un confronto il 28 ottobre, giorno di pubblicazione dei conti trimestrali. Non è bastato: Cavallo è stata perentoria nel lanciare all’amministratore delegato un invito a rispondere alle domande dello staff e nel bollare come “una provocazione” l’organizzazione del confronto con la forza lavoro: potranno partecipare di persona solo 200 dipendenti, mentre per gli altri sarà aperto un canale video.

A breve un incontro. Di certo, la controversia diventerà argomento di discussione all’interno del consiglio di sorveglianza, già alle prese con un fitto calendario di riunioni nei prossimi giorni, che culminerà il 12 novembre con l’approvazione del nuovo ciclo di investimenti quinquennale. In ogni caso, lo scontro con Cavallo rappresenta un nuovo capitolo di un rapporto ormai deteriorato di Diess con i rappresentanti sindacali. Il dirigente è arrivato a Wolfsburg dalla BMW e la sua impostazione manageriale è tipicamente bavarese, aperta e internazionale. Sin dai primi incarichi all’interno del gruppo Volkswagen, l’ad si è scontrato con molte resistenze al cambiamento e, soprattutto, con sindacati molto più potenti e influenti rispetto alla media tedesca. Diess ha cercato di cambiare la cultura interna per superare il capitolo del dieselgate e, soprattutto, far accettare all’organico la necessità di abbracciare la trasformazione: a suo avviso, solo così è possibile recitare un ruolo da protagonisti nella nuova era dell’elettrificazione e tentare di superare la Tesla nel mercato della mobilità alla spina. L’ad si è già dovuto scontrare con Osterloh in una battaglia che l’anno scorso ha messo in pericolo la sua stessa permanenza a Wolfsburg: alla fine, Diess è riuscito a farsi confermare l’incarico, a prezzo, però, di numerosi compromessi. Il manager voleva un rinnovo anticipato del contratto e non l’ha ottenuto, pretendeva diverse cessioni, a partire dalla Ducati, ma ha dovuto soprassedere. Inoltre, ha chiesto e ottenuto la defenestrazione di Osterloh, ma in cambio di un ridimensionamento dei propri poteri: ha infatti lasciato il ruolo di amministratore delegato del marchio Volkswagen nelle mani di Ralf Brandstätter, ufficialmente per concentrarsi sull’incarico di gruppo, ufficiosamente per rispettare i diktat del consiglio di sorveglianza. In sostanza, Diess ha vinto le battaglie ma non la guerra contro i potenti sindacalisti interni e oggi si trova in una posizione ancor più precaria che in passato. Lo scontro con Cavallo rischia di avere effetti deflagranti: in ogni caso, è bene ricordare che, quando si parla di grandi aziende tedesche, il compromesso è dietro l’angolo, perché la stabilità e l’interesse generale sono, da sempre, le priorità da raggiungere a ogni costo. Quale sia il prezzo di tutto ciò, considerata la situazione globale, non è ancora dato sapere. Certa è, invece, l’intenzione di Diess di evitare qualsiasi conflitto destabilizzante pur dovendo piegarsi alle richieste di Cavallo: alla fine, il viaggio negli Stati Uniti è stato cancellato in favore della partecipazione alla riunione con lo staff. Anche questo dimostra l’influenza e il potere del presidente del consiglio di fabbrica.