Incidenti – Come si spengono gli incendi delle auto elettriche?
Dopo i fatti di Mestre, torna d’attualità una questione chiave della mobilità elettrica: la sicurezza delle batterie in relazione agli incendi. In premessa, va ricordato che nel tragico incidente del bus il powertrain elettrico non ha preso fuoco: gli incendi divampati dalle batterie, infatti, sono piuttosto rari. Basti pensare che secondo le statistiche di EV Firesafe, dal 2010 al 2023 si sono incendiate solo lo 0,0012% delle Ev circolanti, contro lo 0,1% delle auto con motori a benzina.
Parola ai Vigili del fuoco. Ma in caso di incendio, come si domano le fiamme su un’auto elettrica? Gli stessi Vigili del foco spiegano che non c’è una procedura standard, in quanto le variabili in gioco sono numerose. In primis, comunque, si cerca di identificare il modello di auto. Poi, si può adottare una tecnica difensiva (lasciar bruciare la vettura, se non vi sono persone all’interno e tutelando i dintorni), oppure offensiva: si tenta di spegnere le fiamme cercando di raffreddare le batterie. Segue l’immobilizzazione dell’auto. Se le fiamme lo consentono, i soccorritori staccano la batteria ad alta tensione, altrimenti la questione diventa più complessa: prima di intervenire sull’auto occorre disconnettere l’alimentazione, tagliando degli appositi cavi che i costruttori posizionano in punti facili da raggiungere.
Acqua a volontà. Un primo metodo per spegnere l’incendio prevede l’uso di una grande quantità d’acqua, in genere attorno ai 10 mila litri. Acqua che, però, può sviluppare gas infiammabili nell’abitacolo: è dunque essenziale per i pompieri fare attenzione ai vapori tossici sprigionati dalla combustione. L’incendio di un’elettrica è un nemico infìdo: apparentemente estinto, potrebbe ripartire a distanza di ore. Per questo, il veicolo va rimosso dal luogo dell’incidente e stoccato all’aperto, isolandolo per 72 ore (e più) a una distanza di almeno 15 metri da altri oggetti infiammabili. Quando consentito, l’auto viene immersa in una vasca d’acqua, in modo che eventuali fiamme non riattivino la batteria. Una seconda strada consiste nel togliere ossigeno con una “cassa container” che copra la vettura, o con una sostanza resistente alle fiamme. Una terza soluzione è l’uso di estintori ad alta pressione specifici, poiché quelli normalmente in dotazione ai Vigili del fuoco risultano inefficaci.
Il sindacato chiede attenzione. Raggiunto telefonicamente da Quattroruote, Riccardo Boriassi, portavoce nazionale Conapo (il sindacato autonomo dei Vigili del fuoco), auspica un intervento del governo: “Di fronte a mezzi nuovi come le auto elettriche, chiediamo importanti investimenti nella formazione degli operatori per affinare le procedure d’intervento. Formazione che non riusciamo a fare per carenza di personale. Per ora, ci si basa sulle procedure imposte dalla nostra amministrazione e sulle singole esperienze. Obiettivo, essere pronti come lo siamo quando un’auto a Gpl o a metano va in fiamme. Segnalo inoltre che, a differenza della Polizia stradale, i Vigili del fuoco non hanno presìdi sulle autostrade: così, i tempi per arrivare sul posto si allungano”.