Industria – LEldorado cinese per le Case occidentali presto non esisterà più

Tra sei anni la Cina dominerà l’industria mondiale, con il 33% di quota. E se il 13% (pari a nove milioni di auto) verrà da fuori della Cina, a permettere al Dragone di scalare il podio della domanda globale è l’espansione sul mercato di casa. Infatti, entro il 2030 i costruttori europei, americani e giapponesi conteranno solo per il 28% delle vendite in Cina (il 18 per le vetture a corrente ed elettrificate, il 10 per le auto a combustione). I cinesi, invece, conquisterebbero i due terzi della domanda locale di auto nuove. Lo afferma la società d’analisi AlixPartners nell’edizione 2024 del suo rapporto annuale Global automotive outlook.

Dalla conquista alla ritirata. Insomma, quello che vent’anni fa sembrava un territorio vergine di conquista per le Case occidentali si sta stringendo sempre di più. I brand non cinesi fino al 2020 soddisfacevano il 60% circa della domanda dei cittadini della Repubblica popolare. Quest’anno sono circa al 40% e tra sei anni si saranno dimezzati rispetto a un decennio prima. Certo, parliamo di percentuali che in termini assoluti significano ancora milioni di macchine, ma se fino a ieri il mercato cinese era il primo o secondo per alcuni costruttori tedeschi, come i gruppi BMW e Volkswagen, per volumi o per profitti, domani – un domani prossimo – non lo sarà più.

Impatto sulle strategie. Tutto ciò per noi può suonare esotico, ma i riflessi sullo stato di salute di alcune aziende europee potrebbero essere rilevanti, in assenza di azioni correttive. Abbiamo chiesto a Dario Duse, co-leader Automotive & Industrial per la regione Emea e Italy country head di AlixPartners, quale impatto potrebbe esserci sulle scelte strategiche dell’industria europea. Di certo si deve fare qualcosa, risponde l’analista, per ridurre il gap competitivo sul mercato locale. Ciò potrebbe anche avvenire attraverso una proliferazione di accordi industriali con gli stessi produttori cinesi. E di questo stiamo avendo già le prime avvisaglie.

I segreti del successo. Secondo lo studio di AlixPartners i costruttori cinesi possono contare su prodotti comparabili a quelli dei concorrenti occidentali, ma con costi competitivi, tempi di sviluppo dimezzati, livelli di integrazione verticale cioè di sviluppo e produzione in-house di componenti fondamentali dell’auto che nel caso di alcuni prodotti (come, per esempio, la Byd Seal) supera il 75% in termini di valore, piena capacità di sfruttare le potenzialità del software. In che senso lo spiega Emanuele Cordone, senior director Automotive: Nell’ultimo anno gli aggiornamenti Ota (over-the-air) delle startup EV cinesi per modello sono stati in media 40, rispetto a soltanto 2 per i costruttori tradizionali. In tal modo, di fatto disaccoppiano lo sviluppo hardware da quello software, che prosegue nei mesi post-lancio.

Un’avanzata strategica. L’aspetto più interessante, sottolinea Duse, del software defined vehicle, per il consumatore, è la possibilità di acquistare un oggetto che puoi far evolvere nel tempo. Quel che impressiona nelle vetture cinesi è la quantità degli aggiornamenti successivi che vanno a interessare non tanto i sistemi di infotainment, quanto aspetti legati al core’ del veicolo, come gli Adas, ma anche le regolazioni dello chassis o delle prestazioni. Insomma, secondo AlixPartners, l’industria europea dovrà cercare di reinventarsi di fronte a un’avanzata cinese che non è soltanto numerica, ma strategica, e che sta riscrivendo le regole del gioco in un settore che è storicamente dominato da Occidente, Giappone e Corea del Sud.