Jaguar Land Rover – Un Engineering hub in Italia

Un Engineering hub in Italia: cioè, un gruppo di ingegneri di esperienza, insieme a giovani talenti assunti da ogni parte del nostro Paese, per farli restare a lavorare dove sono nati. Senza sradicamenti, senza dolorose (e obbligate) fughe all’estero. L’iniziativa, che è del gruppo Jaguar Land Rover in collaborazione con la filiale italiana, è già di per sé è una notizia in un Paese in cui i cervelli, di solito, per farsi strada, sono costretti a emigrare. Invece – e questa si spera sia una interessante inversione di tendenza, che faccia scuola -, la prestigiosa azienda britannica sta cercando nel Belpaese 50 figure (alcune sono già state trovate) riservate a ingegneri nel campo dei software automotive.

L’auto del futuro. In particolare, questo team di tecnici si occuperà di sviluppare parti di sistemi di prossima generazione relativi all’assistenza alla guida e alla guida autonoma, nel campo dell’intelligenza artificiale. E lo realizzerà grazie alla partnership strategica, annunciata l’anno scorso, con il colosso informatico Nvidia, che fornirà l’hardware, i calcoli grafici e l’intelligenza artificiale necessari ai nuovi processi. Insomma, Jaguar Land Rover si è messa di buzzo buono a investire nella futura generazione di vetture, che saranno elettriche, a guida assistita e coadiuvate dall’intelligenza artificiale. Uno sforzo progettuale e realizzativo ingente che comporta, oltre alla messa sul tavolo di risorse adeguate, anche la selezione dei migliori talenti in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati. Ovunque queste persone si trovino. Tanto è vero che il progetto Italia si abbina a quelli analoghi in essere in Spagna (in cui il team si focalizzerà invece sull’hardware) e in Germania, per un totale di oltre 150 posti di lavoro, che vanno ad aggiungersi ai 300 già operativi in altri Paesi (Regno Unito, Repubblica d’Irlanda, Ungheria, Cina, Nord America).

Sede non fissa. Ovviamente, fondamentali saranno i rapporti che l’Engineering hub sta intrecciando con i Politecnici delle principali città, in particolare con quello di Torino. La sede fisica in Italia, però, sarà a Bologna, ma in realtà la stragrande maggioranza del lavoro avverrà da remoto, in piccoli team di una decina di persone. Un’esperienza maturata durante la pandemia. Vediamo di capire su quali posizioni sta lavorando il team di selezione e quali ruoli sono ancora aperti. Lo chiediamo a Ferruccio Vico, responsabile dell’Engineering hub: Il nostro focus è su questi due temi, il system engineering, quindi la definizione di come varie componenti lavorino fra loro per realizzare delle funzionalità, e lo sviluppo software. Finora abbiamo trovato alcune figure nel campo dell’assistenza alla guida, altre impegnate sulle funzionalità di parcheggio, e poi degli architetti’ votati alla definizione del sistema nella sua interezza. Sono circa dieci persone, che stanno già operando da remoto. E ne abbiamo altrettante che hanno già firmato il contratto e che entreranno nel gruppo entro aprile. Sulle scadenze a breve-medio termine, ancora Ferruccio Vico: Il nostro obiettivo è quello di avere almeno trenta persone a bordo nel corso dell’anno.

Cellule autonome. Come verrà organizzato il lavoro e che cosa ci si aspetta da queste figure, ce lo spiega Nicola Natali, Adas group product owner customer products: Le persone sono organizzate in strutture tipo agile’, cioè sono inserite in team di lavoro globale, ma abbastanza piccoli, in modo che siano molto autonomi. Questa modalità, che abbiamo preso dallo sviluppo software, fa sì che non si creino team grandissimi per realizzare tutto il veicolo, ma si sfruttino alcuni gruppi che si occupano di piccole parti di una certa funzionalità, cosa che fanno in modo autonomo. Riescono quindi a progettarle, svilupparle, testarle e poi a metterle all’interno del processo globale. Sono cellule autonome, ma collegate fra loro.

Come funziona. Questo lavoro parcellizzato che viene svolto in Italia, poi passa in un ambito più ampio, dove viene valutato e integrato. Ancora Nicola Natali: La fortuna è che ora tutti gli strumenti di lavoro sono connessi e in cloud. Quindi, sono collaborativi. Si può fare un paragone con quello è più noto, che succede nel Cad, nella parte di meccanica: c’è un disegno globale, poi ognuno lavora la sua piccola parte. Lo stesso sta avvenendo nella sezione dei software e dei sistemi; ci sono dei software equivalenti, collaborativi, che permettono a ognuno di lavorare una parte, ma all’interno di un piano globale. Poi l’integrazione avviene sia a livello di infrastruttura, sia anche a livello di veicoli stessi. Ci sono dei team che, su banchi a volte grandi come tutta la macchina, integrano la parte di software, li testano e poi mandano i dati di nuovo a tutti i gruppi di lavoro, per capire che cosa funziona e che cosa no. Lavoriamo per incrementi. Ora tutto quello che facciamo produce miglioramenti molto piccoli, ma molto stretti, nel giro di due settimane. Una volta si lavorava con cicli di mesi, e con scarsa interattività. Ora è tutto cambiato.