James Bond – I segreti degli inseguimenti in auto
Pronti, dopo tanta attesa, alla prevedibile scorpacciata di adrenalina, inseguimenti rocamboleschi, sparatorie e mezzi a motore portati al limite proprio e, talvolta, a quello delle stesse leggi della fisica? Finalmente, dopo lo stop forzoso causa Covid, torna sugli schermi la spia più amata da intere generazioni di pubblico, fin da quando, nel lontano 1962, il fascino magnetico (e autoironico) di Sean Connery e il fiuto imprenditoriale del produttore Albert Broccoli gettarono le fondamenta della saga di James Bond. Che anche in “No time to die“, da giovedì 30 settembre nelle sale cinematografiche, ripropone la ricetta consueta e rassicurante vai al cinema come in una catena brandizzata di abbigliamento o di alimentari: sai già cosa aspettarti nella quale l’automobile è un ingrediente tutt’altro che secondario, soprattutto da quando la leggendaria Aston Martin DB5 che debuttò in Missione Goldfinger (1964) è diventata ospite fissa di tutte le ultime pellicole. Da non perdere in azione per le stradine e le piazze di una Matera sempre in gran spolvero quando passano le telecamere. Ma come nascono gli effetti speciali dei film di 007? Se pensate al digitale, siete fuoristrada
Un esercito di stuntmen. In un mondo (cinematografico) in cui puoi camminare tra i dinosauri, volare tra i grattacieli o sperimentare qualsiasi tipo di metamorfosi, scoprire che un franchise ad alto tasso di azione come quello di Bond ricorre pochissimo o niente agli effetti di computer grafica potrebbe stupire. Invece, è proprio così. Anche le scene più spettacolari sono girate con mezzi fisici. Il che significa troupe di assistenza tecnica di alto livello e un esercito di stuntmen. Avete idea di quanti siano? Oltre cento (soltanto Craig può contare su quattro doppi che si alternano nelle scene d’azione più estreme non tutti sono come Tom Cruise, che pretende di girare in prima persona molte delle stunt scenes dei film della saga di Mission Impossible). E anche le macchine hanno il loro stuolo di controfigure.
Le controfigure della DB5. Prendete la star assoluta, l’Aston Martin DB5 modello 1963: nel penultimo film della serie, “Spectre”, ne sono state impiegate otto identiche nella famosa scena dell’inseguimento lungo le gradinate dello Scalo de Pinedo, sul Lungotevere, a Roma. “Giravamo in sequenza continua alla ricerca dell’inquadratura migliore: non appena due auto (l’Aston e la Jaguar C-X75 guidata dal “cattivo” Mr Hinx, ndr) arrivavano in fondo, altri due team di stuntmen partivano dalla sommità. E via di nuovo. Una nottata così”, ricorda Neil Layton, coordinatore tecnico dei veicoli nelle scene d’azione. In “No time to die” le repliche della DB5 per le scene di stunt sono cinque. La sovrabbondanza di esemplari serve per ottimizzare le riprese, girando a ciclo continuo, e a far fronte ad eventuali “missing in action”, ovvero distruzioni accidentali dei mezzi. I quali, per sopportare determinate condizioni d’uso, necessitano una serie di preparazioni speciali, talvolta specifiche per ogni scena.
Training spietati. Prima di arrivare a filmare le scene, le macchine vengono opportunamente preparate. Per esempio, la Defender vecchia serie impiegata in “Spectre” era stata dotata di differenziale posteriore a slittamento limitato, di ammortizzatori ottimizzati e di un rapporto più diretto dello sterzo. La Jaguar C-X75 aveva sospensioni modificate e adatte ai salti, cambio manuale a sei marce e freno di stazionamento manuale (come, del resto, la DB5 in “No time to die”). Quindi, le auto sono testate a lungo su vari circuiti di prova, dove vengono simulate condizioni simili a quelle che si ritroveranno sul set. Anzi, peggiori: “Essendo le scene di inseguimento reali, bisogna arrivare al ciak con la certezza delle performance richieste e con un margine in più anche in termini di sicurezza. Per questo le situazioni riprodotte in pista sono più gravose di quelle previste in scena, con velocità di esecuzione più elevate e salti più alti”, spiega David Fairbairn, capo dei progetti speciali di Jaguar Land Rover ai tempi di “Spectre” e ora impegnato come program director in una nuova realtà imprenditoriale con l’ex prima matita della Jaguar, Ian Callum.
Chi ha le mani sul volante? Ma, se quando guardiamo la DB5 sfrecciare per i vicoli di Matera o esibirsi in millimetrici drifting in una delle piazze tra i famosi Sassi sappiamo che alla guida c’è un professionista del volante, che cosa pensare delle scene in cui Bond viene ripreso impegnato in rocamboleschi controsterzi dall’interno dell’abitacolo? Daniel Craig al volante? Sì e no. Certo, l’attore è fisicamente lì, e fa tutto quello che deve fare, ma di norma i comandi dell’auto (sterzo e comandi dei pedali) sono scollegati e rimandati sul tetto, dove uno stuntman conduce per davvero la vettura rannicchiato in una gabbia di metallo imbullonata al tetto del veicolo. Incredibile, no? Eppure vero, come testimoniano le foto tratte dal backstage di “Spectre”. Questi sono solo alcuni dei “trucchi” del set di James Bond. Ma, come per gli spettacoli di illusionismo, non si possono svelare proprio tutti, altrimenti la magia va perduta. E un po’ di sguardo da bambini, quando si va a vedere un film di 007, lo si deve conservare. Altrimenti, dove sta il divertimento?