Jeep Wrangler – A spasso con licona

Lo spasso è una componente fondamentale del rapporto con l’auto, perché dimostra che la ragionevolezza ha un valore relativo. Lo “spasso”, del resto, è vita che è bello ritrovare toccandola con mano anche – e proprio – attraverso l’auto. Ci sono una montagna di ottime ragioni irrazionali per amare le macchine: le forme, il colore, l’odore, le sensazioni che trasmettono. La velocità. E molto altro come la guida, la manifattura, la storia. Insomma: un’automobile sa come essere caleidoscopio emozionale e in tutto questo la Jeep Wrangler ha la capacità di farti convivere con lei con spensieratezza. E la certezza di non avere un limite invalicabile. Poter andare ovunque, insomma. Promessa d’avventura continua. Spasso.

Ma quale città. Non sto per dire che riderete come matti tutte le volte che alle sette del mattino vi recherete al lavoro con una Wrangler, anche perché non lo farete: nessuno che abbia spirito (e portafogli) per acquistarne una resterà inchiodato in tangenziale intrappolato dal suo “rude” roll-bar che vi ha fatto giocare a girare senza hard top. Perché al lavoro, in quel modo, non ci andrà. Quando c’è da lavorare nel classico modo che intendono i cittadini, questa Jeep sta dove di solito ci si diverte, tipo un garage, una casa al mare, in montagna, in collina. A voi l’onere di mantenerla, al resto pensa lei quando ci montate sopra. Per il gusto di farlo. A meno che non siate dei calciatori o degli influencer, certo, che devono usarla per farsi vedere: ma va detto che la storia stessa di questa Jeep tende a preservarla dagli utilizzi meno coerenti. Anche se “ibridizzata” da questa modernità, la Wrangler resta pur sempre un militare.   

La ricarica no. Ho guidato la Wrangler per più di 2.800 km, chiudendo l’esperienza con un consumo medio di benzina pari a 9 km/l. Quindi un valore decisamente inferiore al dato dichiarato (24,4 km/l), anche perché l’ho usata come l’italiano medio che possiede una plug-in, ovvero senza ricaricarla. Che passi la sua nuova natura ibrida, perfettamente fittata ai tempi, ma giuro che non ho avuto il coraggio di compiere quel gesto gentile di attaccarmi alla torretta per una ricarica alla sua batteria da 17 kWh abbondanti (in grado, secondo la Casa, di garantire una percorrenza di 53 km in elettrico in città). C’è un limite a tutto: il suo lato selvaggio (guadi da 76 cm, parabrezza abbattibile e guida – potenziale – senza portiere), in questa nuova condizione ibrida fa a cazzotti col cavo da attaccare a una colonnina tutta corrente e sostenibilità. So di essermi comportato da troglodita in questo modo, ma il parterre è quello che è: più l’ho avuta per le mani, questa Wrangler, più mi è stato chiaro che non avrei salvato il mondo ricaricando le batterie quando pochi istanti prima la sua sezione frontale prendeva a cazzotti aria, insetti e mondo crudele per conto mio.

La razionalità mettila da parte. Parliamoci chiaro, il consumo, qui, è l’ultimo dei problemi. Il bello sta nelle maniglie cui aggrapparsi per rendere più scenografico (e comodo, questa peraltro ha i predellini) l’ingresso e la discesa da questo suo abitacolo grande. E mal sfruttato: ha un baule visivamente enorme, ma azzoppato nel potenziale da un rollbar beatamente vistoso, piazzato dentro il perimetro della carrozzeria (qui asportabile, ma è possibile personalizzarla in ogni modo: col softop, le mezze portiere o una rete, per esempio, da agganciare direttamente al rollbar per non essere disturbati dalle foglie mentre siete scappottati tra i boschi) per essere rigida e sicura. Che la sua forza sia sempre chiara. Al costo di ritrovarsi con 533 litri di carico su un’auto lunga 488 cm: per intenderci il bagagliaio di una Renault Scénic, lunga 441 cm, misura 506 litri. Ok: non è un’auto che si compra per lo sfruttamento degli spazi, ma i passeggeri posteriori, se quelli davanti non sono particolarmente bassi, non avranno mai quell’abbondanza di spazio suggerita dal passo di tre metri.

Un po’ di numeri. Ma lo spazio, qui, serve anche ad altro. E sotto molti aspetti. Come poter ospitare una meccanica unica, inarrestabile. Senza considerare che negli habitat per cui è stata progettata la Wrangler, le dimensioni sono insignificanti. Da quando la tecnologia 4xe s’è impossessata del modello è cambiato molto: sotto questo cofano, che si apre sempre sganciando i fermi laterali e spingendo semplicemente la sicura (quindi niente sblocco dall’abitacolo, per intenderci), c’è un duemila turbobenzina da 272 CV e 400 Nm; quindi stop a plurifrazionati e diesel. Questo motore di derivazione Stellantis, unito all’unità elettrica sistemata nel cambio automatico al posto del convertitore di coppia, permette alla Wrangler di avere numeri più che interessanti: 380 CV di potenza massima e – soprattutto – 637 Nm di coppia. Il motore elettrico da 145 CV e 245 Nm è quello che garantisce una bella istantaneità ai comandi dell’acceleratore: la fuoristrada scatta da 0 a 100 all’ora in 6,4 secondi; soprattutto, in off-road, permette dosaggi micrometrici della potenza elettrica e uno spunto in partenza impossibile per il termico. Vuoi per l’impostazione, vuoi per il peso (circa 2300 kg), non è un’auto con cui correre: la velocità è limitata a 180 all’ora e in autostrada, nonostante l’eccellente lavoro di messa a punto, la Wrangler resta pur sempre un’auto da guidare visto che tende a serpeggiare per via dell’avantreno “vago”. Nulla di insopportabile, in ogni caso, visto che i sedili sono comodi, lo spazio per chi sta davanti non manca e che tutti i comandi sono sempre ben sottomano e sott’occhio.

Potere del 4xe. Nota sulle modalità di guida: la Wrangler può essere usata in modalità ibrida o solo elettrica. Ci sono poi due possibilità d’interazione col sistema 4xe Plug-In Hybrid: la prima, e-save, permette di caricare la batteria (17,3 kWh) sfruttando il motore termico o di inibire l’utilizzo dell’energia stoccata da parte del sistema ibrido; le due opzioni sono selezionabili dal menù elettrico dell’infotainment da 7, peraltro sempre molto ben studiato e semplice da usare-. Poi c’è l’e-coasting, che si attiva premendo un tasto sulla consolle centrale e permette di rendere più incisiva la frenata rigenerativa. Se state gridando allo scandalo per l’ibrido sappiate che nel corso della presentazione avevamo riscontrato un ottimo feeling sui terreni più accidentati; e va ricordato che senza questa propulsione questa icona non avrebbe più trovato un posto nel listino della Jeep. E quindi nel garage ideale di chi la può apprezzare.   

 

 

Duttile e concretissima. Insomma, come è possibile appurare stando dietro il volante, la Wrangler ha la capacità di spostare il paradigma dei viaggi in altri viaggi. Usandola per girovagare in cerca di pace e qualche strada bella dove portarla ho mangiato spesso all’aperto, dove ho trovato straordinarie le piccole attenzioni che, solo perdendosi nel tempo libero, possono tornare utili. Come il paraurti anteriore calpestabile: è fatto per poter essere utilizzato in ambienti estremi, ma più prosaicamente può diventare una panchetta dove mangiarti un panino. L’enorme portello che rivela il baule è una manna per appoggiarci di tutto e il fondo (che ha una sogli di carico evidentemente alta) resta all’altezza giusta per poter lavoricchiare all’aperto. Al proposito, va ricordato che la Jeep può trainare fino a 1.587 kg. Per quanto riguarda la trazione, le modalità sono quatto: 2H (posteriore, con marce normali); 4H AUTO (così diventa una 4×4 quando serve); 4H Part-Time (4×4 permanente, da usare sui terreni ad aderenza ridotta) e 4L (con le marce ridotte). Alla fine non ho fatto del vero e proprio fuoristrada, quindi mi sono consolato pensando ai notevoli angoli caratteristici della variante Rubicon: attacco 36 6,’ dosso 21 4′ e uscita 31 8′.

Godersi l’aria. Di certo, la Wrangler è una delle poche auto dentro le quali è bello viaggiare immersi nella natura per sentirne i profumi. Un po’ come si fa con le spider. In questa versione, oltre che la già citata carrozzeria, è possibile togliere i pannelli sopra i sedili davanti e riporli nel baule per essere un po’ più en plen air (ma lasciateli nel loro rivestimento su misura nel garage, perché dietro non c’è un vero e proprio fermatettuccio), anche se oltre una certa velocità sperimenterete uno strano effetto cappa che vi farà scendere piuttosto spettinati. Degli interni, oltre allo straordinario rumore di solido che apprezzerete in ogni salita e discesa dall’auto (ma anche apertura e chiusura del baule), è possibile incappare nelle dimensioni generose di tutto: dai comandi per gli alzavetro (raggruppati però in un unico pannello, il che rende facile azionare il tasto sbagliato senza un’occhiata di sicurezza) alle manopole di clima e radio, passando per leva del cambio (e ridotte/modalità guida), tutto è perfettamente calibrato anche per l’uso coi guanti.

Dura e pura, con il futuro alle porte. Insomma: per il test serio in off-road occorrerà aspettare il nostro Centro Prove. Ma, mettere le ruote fuori dall’asfalto per il gusto di farlo e scoprire che lei si comporta come se nulla fosse dà la stessa soddisfazione di una salita e discesa dall’abitacolo agganciandosi alla maniglia sul lato del parabrezza: spasso. Gioco. Ottime ragioni per desiderarne una. Cosa che rende assolutamente inutile ogni valutazione sulla sua praticità, eticità o molto altro su cui sarebbe lecito soffermarsi nel 2022 e per 70 mila euro (qui il listino completo). Ma la sua è una storia a sé: la Wrangler è icona in un mondo che ha imboccato una strada definitivamente diversa dall’infinita sensazione di libertà che trasmette quest’auto. Storia, ormai, d’altri tempi. Penso che la Jeep sarà il brand più accreditato per mostrarci come, nel mondo della sostenibilità, sapranno prendere forma nuovi concetti di inarrestabilità, avventura e libertà. Il post Wrangler, insomma. Manca poco, basta aspettare domani