Laffite Automobili – Lui, lei, laltra: sodalizio italiano (firmato Giugiaro) per supercar esclusive

Lui, il fondatore dell’azienda, si chiama Bruno Laffite. E sì, è parente – nipote, per la precisione – del più famoso Jacques, pilota di Formula 1 negli anni 70 e 80. E, benché cittadino americano, la sua Laffite Automobili ha deciso di aprirla in Italia. Lei, la GFG Style, cioè la Casa di design e progettazione fondata da Giorgetto e Fabrizio Giugiaro dopo l’uscita dall’Italdesign, è quella che cura lo stile delle automobili della nuova impresa, cominciando non da una, ma da ben cinque vetture. L’altra, la LM Gianetti, di Torino, è l’impresa di costruzioni meccaniche che si occuperà di realizzare fisicamente i modelli. Naturalmente, in produzione limitata. Insomma, un sodalizio italiano a tre per portare sulle scene calcate dagli “happy few” globali sportscar esclusive.

Tre più due. Cinque, dicevamo. In realtà, sarebbe meglio dire tre più due, visto che due sono delle derivate. La Suv in stile Dakar Atrax ha una sorella, la Atrax Stradale, mentre da una costola della Barchetta è uscita la Barchetta Coupé. Ma andiamo con ordine, partendo proprio dalla Suv: la Atrax è estrema, sospesa sulle grandi ruote allterrain (quasi un metro di diametro), spigolosa e atletica, con montanti anteriore e posteriore separati dalla carrozzeria, come pilastri strutturali isolati dal resto della fiancata, e la ruota di scorta tenuta da una struttura a ragno che funziona anche come sistema idraulico per il suo sollevamento. La Stradale è un po’ più pulita, con alettoni lineari e un lunotto liscio. Gli interni comuni, con schema 2+1, denotano una plancia ad ala e un volante in stile Formula 1 che raggruppa tutte le funzioni e i comandi di bordo e “ruba la scena”, nella sua spettacolarità.

Quell’idea del doppio cupolino. La Barchetta è caratterizzata da due forti segni estetici: due posti separati, due parabrezza individuali avvolgenti, quasi dei cupolini, ma aperti in alto e una struttura che richiama l’halo di Formula 1. Il parabrezza a cupola sdoppiata non è una novità in casa Giugiaro: “L’idea concepita originariamente da mio padre nel 1959”, ricorda Fabrizio, che del progetto Lafitte ha la direzione stilistica, “fu riproposta sul prototipo Aztec del 1988”. E, aggiungiamo noi, rielaborata nel 2017 per il progetto di stile di un’auto a turbina, la Ren, che doveva essere realizzata dalla casa cinese Techrules. “L’ultima sperimentazione formale”, aggiunge Fabrizio, “di uno schema simile è stata introdotta con la concept car Dora del 2020, che in realtà può essere letta come l’inizio di questo progetto”. La Coupé, invece, presenta un parabrezza singolo che avvolge pilota e passeggero, mentre il tetto, di carbonio, è asportabile, rendendo anche questa una vettura da guida all’aria aperta.

Solitaria e corsaiola. La LM1 è un assolo, senza derivate. Si tratta di una macchina sostanzialmente destinata alle corse, come suggerisce il nome, ma omologabile per uso stradale. Molto aerodinamica, ha la struttura di una supercar a motore centrale, con un cupolino dalla forma a goccia e con una larghezza massima di 90 cm (come da regolamento delle race car di questo tipo) ad avvolgere l’abitacolo. Una grande uscita d’aria centrale sul cofano favorisce la deportanza. Alette attive sui parafanghi convogliano i flussi in modo ottimale, mentre la coda è dominata da un grande spoiler attivo, tipo Drs. Dentro i posti sono due, ma sfalsati, per sfruttare al meglio lo scarso spazio laterale. Anche qui, ovviamente, il volante è di ispirazione “agonistica”.

Family feeling. Carrozzerie diverse, ma con punti in comune, perché siano riconoscibili come parte di un brand. Il compito di Fabrizio Giugiaro è stato in primo luogo quello di creare una identità per questo neonato marchio privo di storia. leggibile soprattutto nei frontali, con doppie luci molto sottili, una tipica curvatura del cofano, due splitter laterali ben visibili e presenti su ogni modello, con dimensioni e inclinazioni diverse in base alla tipologia del corpo vettura. E poi una serie di strutture aeree, piloni, spoiler, montanti separati, tutti a sembrare quasi dei tiranti di una tensostruttura. Qualche purista forse storcerà il naso, ma non si può dire che non siano originali e in qualche modo coerenti con l’idea della pista e delle competizioni che sottende lo spirito di queste vetture. A proposito, sono sportscar. Ma con quali propulsori e quali potenze? Lo si saprà dopo la presentazione ufficiale, a Miami, la sera del 3 maggio. Nell’attesa, un’indiscrezione: saranno tutte elettriche.