Mazda CX-5 – Diverte e va controcorrente col 2.2 turbodiesel (no, niente ibrido)

Dopo una scorpacciata di elettrico e ibrido, fa piacere tornare a casa per un po’. Nel senso che la Mazda CX-5 Model Year 2022, che abbiamo guidato a sud di Barcellona, è una 2.2 turbodiesel non ibridizzata. Certo, ottimizzata in tanti particolari, ma priva dell’elettrificazione divenuta ormai onnipresente. Una scelta controcorrente che i tecnici giapponesi hanno preso su questo modello, dopo aver valutato il rapporto costi-benefici, tra la maggiore complessità tecnica richiesta da tale soluzione e la riduzione reale delle emissioni, a fronte di un listino un filo più elevato. Ibrido mild che invece ritroviamo su altri modelli della Casa, come la Mazda2 e la 3, mentre sulla futura CX-60 sarà presente un sistema più corposo (sempre a 48 volt).

Restyling corposo. Detto questo, torniamo alla CX-5 e all’aggiornamento di oggi, che è il più importante della seconda generazione della ruote alte, il cui esordio risale al 2017. Perché va a toccare settori di peso, come la dinamica di guida, gli allestimenti (i nuovi si chiamano Newground, Homura e Signature), gli interni e le dotazioni. Avevamo già parlato delle novità del Model Year qualche tempo fa, ora proviamo la vettura nella versione 2.2L Skyactiv-D 184 CV AWD automatica Homura, di tono sportiveggiante, che costa di listino 46.500 euro (la sorella top, la Signature, arriva invece a 48.300). A bordo, l’ambiente è accogliente e ben rifinito: sul tunnel è stato aggiunto il caricatore wireless, inclinato in avanti, mentre in alto, sulla plancia, si trova il sottile e allungato monitor del sistema multimediale da 10,25, che si comanda tramite manopola sul tunnel. Non ci ha convinto invece la collocazione della plancetta della climatizzazione, che per le regolazioni costringe ad abbassare lo sguardo. Corretta, invece, la posizione centrale del tasto dell’hazard. Gradevoli, inoltre, i rivestimenti dei sedili, dei fianchetti porta e della plancia.

Seduti bene. Al volante chiunque può trovare una posizione di guida in pochi secondi: merito delle regolazioni elettriche del sedile (adatto a più taglie) e dell’escursione ampia (manuale) del piantone, soprattutto in profondità. Inoltre, si sta seduti in alto, anche scegliendo di restare il più vicino possibile al pavimento, un vantaggio a 360 gradi.

Il diesel. Ora il 2.2 è cambiato: nel senso che lo si sente ancora meno, è diventato più ovattato e rotondo, tranne nelle brevi fasi ai regimi più bassi o quando lo si spreme a fondo, dopo i 4.000 (e fin quasi a 5.000). E questo grazie a un’attenta opera di riduzione della rumorosità, di cui riparleremo fra poco.

Brillante, sempre. La marcia si conferma vivace anche senza insistere più di tanto sul pedale destro: del resto, oltre ai 184 cavalli, il 2.2, che vanta ora una combustione più pulita, sfodera la generosa coppia di 445 Nm. Su percorsi autostradali si apprezza la fluidità di marcia, la scorrevolezza della CX-5, abbinata a un elevato livello di confort (fruscii e rotolamento restano, perlopiù, al di fuori dell’abitacolo). In questa dimensione, la Suv giapponese si esprimeva bene pure prima, ma ora la qualità di vita a bordo è migliorata ulteriormente. A voler essere pignoli, al cambio automatico mancano due marce (ne ha sei), non perché debbano vincere per forza i meri numeri, quanto perché in Drive a 130 km/h la CX-5 viaggia a circa 2.500 giri, a fronte dei 2.000 (o meno) di alcune rivali dotate di otto rapporti. Il che può comportare pure consumi inferiori. Migliorato invece il kickdown, ora più celere, mentre in modalità sequenziale, sfruttando i piccoli paddle al volante, il cambio risulta più rapido in scalata che in salita.

Bene nel misto. La CX-5 2.2L 184 CV AWD automatica non è un fuscello, sfiora i 1.690 chili in ordine di marcia, però si è rivelata gradevole ed efficace anche sui percorsi più stretti e tortuosi. Che non sembravano proprio i suoi preferiti. Merito del lavoro realizzato dai tecnici della Mazda sulle sospensioni e sulla scocca, che hanno reso la vettura più guidabile (anche se non fulminea nel transitorio, per via della massa e dello sterzo non troppo diretto), oltre che più efficace nella fase di inserimento in curva, con poco rollio per un’auto alta e un beccheggio ridottissimo, anche forzando la frenata (al riguardo, ci è piaciuto l’attacco robusto del pedale, ma soprattutto la sua modulabilità). Il tutto su gommatura 225/55 R19. Al resto pensa poi la trazione integrale, che aiuta il driver, regalando un equilibrio dinamico sempre rassicurante. Insomma, se prima la CX-5 era soprattutto una buona stradista, ora è diventata ancora più matura e versatile di prima.