Mercato italiano – Bene gli incentivi, ma da soli non bastano: serve una visione di lungo termine

Associazioni e osservatori del mercato automobilistico accolgono con favore l’attivazione del nuovo meccanismo degli incentivi, ma non mancano di sollevare preoccupazioni sul futuro, chiedendo politiche con un orizzonte più ampio di un solo anno. L’Unrae, tramite il presidente Michele Crisci, esprime “soddisfazione per l’accoglimento della maggior parte delle richieste portate all’attenzione del governo, come l’innalzamento degli incentivi unitari e l’inclusione delle persone giuridiche con bonus ad importo pieno”, ma al tempo stesso “manifesta forti preoccupazioni per le distorsioni che si potranno generare sul mercato”. Inoltre, l’associazione dei costruttori esteri “auspica che venga indicata presto una strategia chiara sui supporti alla transizione, con un orizzonte di due-tre anni, per consentire a consumatori e imprese di programmare gli acquisti ed evitare che lo stop&go crei ulteriori danni al mercato”.

Maggior programmazione. Dello stesso avviso Fabio Pressi, numero uno di Motus-E, che evidenzia “l’importanza di costruire politiche incentivanti con un respiro più programmatico e orientato al medio periodo, tale da consentire a cittadini e imprese di pianificare le proprie scelte in un contesto ben definito, scongiurando l’effetto click-day dopo mesi di grande fatica per il mercato”. “Le agevolazioni sono uno strumento indispensabile per accelerare la penetrazione e la diffusione di massa di una nuova tecnologia come l’auto elettrica”, aggiunge Pressi, “ma per evitare che si riducano a meri scossoni momentanei, occorrerebbe iniziare a ragionare quanto prima su formule incentivanti in grado di accompagnare il mercato auto verso il naturale processo di elettrificazione in atto in tutto il mondo”. Anche Federauto critica le “misure temporanee” e avverte che “senza una visione d’insieme e di prospettiva, difficilmente potranno essere raggiunti e consolidati nel tempo” gli obiettivi del governo, “come richiederebbe una strategia della transizione che voglia essere davvero efficace”.

Anfia e gli altri. Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia (l’associazione della filiera), ricorda il recente appello lanciato in vista delle imminenti elezioni europee: “La priorità del settore automotive in Italia e in Europa è la definizione di un piano di politica industriale che metta al centro la competitività delle imprese e le supporti in maniera efficace nell’affrontare le sfide tecnologiche e regolamentari del presente e del prossimo futuro”. Tutti sottolineano anche la necessità di riformare il regime fiscale gravante sull’auto. “Gli incentivi appena adottati non consentiranno certo di raggiungere durevolmente risultati significativi e si pone quindi la necessità di identificare soluzioni strutturali per il ritorno alla normalità nella motorizzazione italiana, come ad esempio una radicale revisione del sistema di tassazione degli autoveicoli”, osserva Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor. Infine, Salvatore Saladino di Dataforce mette in luce un aspetto legato direttamente alla decarbonizzazione: “Un’evidenza che continua a farmi riflettere è il valore di CO2 medio del venduto. Ci hanno detto che il diesel è cattivo e che il benzina più o meno ibridizzato, anzi, le plug-in e soprattutto le elettriche avrebbero ridotto questa cattivissima CO2. A parte Phev e Bev che non si vendono e le full hybrid che stanno quasi al 15% del mercato, il diesel è stato abbandonato. E non per scelta dei consumatori, perché se ci fossero ancora modelli di fascia bassa a listino andrebbero via come il pane. Quindi, oggi benzina 54% più diesel 20% uguale CO2 media 122,5 g/km. Solo due anni fa, benzina 48% più diesel 25% uguale CO2 media 119,8 g/km. Quante sciocchezze ci raccontano…”.