Mercato italiano – Cardinali (Unrae): lItalia rischia di perdere il treno della transizione

A gennaio 2023 il mercato è aumentato per il sesto mese consecutivo (ma dopo 13 cali consecutivi). Tuttavia, le elettriche sono sprofondate a livelli che non si vedevano dal 2021. E Le emissioni medie dell’immatricolato sono addirittura aumentate. Dati in controtendenza con il resto dell’Europa e che, secondo Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae, rischiano di emarginare l’Italia dalla transizione ecologica. E, quindi, di precipitarla a mercato di serie B, tagliato fuori dalle scelte strategiche di prodotto e distributive continentali, destinazione secondaria rispetto a paesi più performanti.

A gennaio il mercato ha registrato il sesto incremento consecutivo, il quarto a doppia cifra. Che segnale è?
una tendenza che si consolida e che, probabilmente, esprime più una ripresa dell’offerta che non della domanda. Ma non dimentichiamo che il +19% rispetto a gennaio 2022 segue il -20% di quel mese rispetto al 2021. E che comunque siamo ancora sotto del 22% rispetto al 2019.

I privati sono tornati a una quota superiore al 60%. Possono avere dato un contributo anche gli incentivi 2023 o il mercato è sempre figlio dell’offerta?
Continuo a non vedere alcuna correlazione tra prenotazioni e immatricolazioni, mi sembra che vi sia ancora una discrepanza temporale forte. I tempi di consegna sono mediamente lunghi e lo stock non è a livelli alti. Dubito che gli incentivi possano avere inciso.

Dai numeri emergono due indicazioni chiare: il ripiegamento delle elettriche e l’aumento delle emissioni medie di CO2. In un contesto europeo che va in direzione opposta sono dati inquietanti, no?
Sì. E non è un episodio, purtroppo. un trend che prosegue. Va detto, peraltro, che a causa dei lunghi tempi di consegna di auto elettriche e plug-in ancora non si sono dispiegati appieno nemmeno gli effetti degli incentivi 2022, aperti al noleggio solo a fine anno.

A proposito di incentivi: a nemmeno un mese dalla loro messa a disposizione, stanno per terminare i fondi sulla fascia 61-135. Vi risulta che il governo voglia rimodulare l’architettura di un provvedimento sostanzialmente ininfluente nella prospettiva della transizione ecologica?
Si vocifera unicamente di un riporto al 2023 dell’avanzo 2022, che qualcuno, peraltro, vorrebbe destinare alla fascia 61-135. Così facendo, però, non si andrebbe molto lontano. Va rimodulata l’intera architettura del provvedimento. Avere incluso il solo noleggio – peraltro dimezzandone i bonus – non è servito a nulla, aver mantenuto il taglio dei price cap (a 35 mila euro + Iva sulle Bev e 45 mila sulle plug-in) lascia irrisolto il problema. E infatti il tiraggio su elettriche e plug-in resta molto basso. Incentivi così strutturati non ci porteranno lontano dall’attuale quota di mercato di elettriche, risibile rispetto ai paesi europei che hanno quote di Bev a due cifre. Quanto alla fascia 61-135, bisogna ricordare che copre i 2/3 del mercato: per ringiovanire il circolante andrebbe incentivata (ovviamente con rottamazione) con ben altri fondi, e forse con bonus più alti, altrimenti si finanzia un prodotto già venduto.

Con questi numeri non rischiamo di restare esclusi dalla transizione?
Sì. E restare fuori dalla transizione significherebbe restare fuori dai radar delle case automobilistiche. E, quindi, diventare un mercato di serie B, tagliato fuori dalle scelte strategiche di prodotto e distributive continentali, una destinazione secondaria rispetto a paesi più performanti. E ciò non solo nell’elettrico, ma anche nell’endotermico, che alzerebbe le emissioni medie del paese. Con un ulteriore rischio, quello di far diventare l’Italia destinazione privilegiata di usato endotermico, di scarso valore oltrefrontiera ma pagato a caro prezzo da noi. Una spirale molto pericolosa.

Il Governo frena sulla transizione? Le pressioni dell’industria della componentistica sono molto forti
Il governo è tirato per la giacca da molti lati, e da parte di alcuni settori, gli allarmismi mi sembrano esagerati. Ma non vedo resistenze nell’esecutivo. Anzi, proprio pochi giorni fa sono stati emanati due decreti ministeriali che consentiranno, con 713 milioni di euro del Pnrr, la realizzazione di oltre 20 mila punti di ricarica pubblici entro il 2025. Sulle infrastrutture, però, bisogna sbrigarsi. Perché non è solo una questione di prezzo delle auto elettriche o di incentivi statali, il tema della ricarica pubblica e privata è il più grosso ostacolo, per i consumatori, al passaggio all’elettrico. Il tentativo di spostare il 2035 mi pare francamente velleitario, anche se nulla si può mai escludere. L’auspicio è che il governo capisca che gestire la transizione non significa difendere lo status quo ma realizzare un’agenda che accogliendo le nuove tecnologie ponga delle basi concrete per una radicale trasformazione dell’automotive nazionale, economicamente e socialmente sostenibile.

Se però non si cambiano i paletti, i soldi stanziati per il 2023 avanzeranno di nuovo. Che senso ha?
Noi portiamo avanti con convinzione queste istanze ormai da un anno, quindi dai tempi del governo e della legislatura precedente. Già da allora, però, ho avuto la sensazione che nessuno voglia più farsi carico di questo tema e sposare questa battaglia: né a livello di forze politiche, di maggioranza o di opposizione, né di loro singoli esponenti. Quindi non sono particolarmente ottimista, maovviamente continueremo la nostra azione in tutte le sedi.Sono comunque convinto che se l’infrastrutturazione della rete di ricarica elettrica procedesse rapidamente, ne vedremmo i risultati anche sul mercato. E poi molti studi prospettano un abbassamento dei prezzi delle auto elettriche. Il combinato di questi due aspetti potrebbe costituire un fattore di riavvicinamento di una fascia di consumatori all’auto elettrica. E poi non dimentichiamo il fisco. Questo governo ha davanti a sé un orizzonte di legislatura. Vi sono dunque le condizioni per una riforma del trattamento fiscale dell’auto aziendale sulla base delle emissioni. Basterebbe agganciare alla CO2 la detraibilità dell’Iva e la deducibilità dei costi per dare un boost decisivo all’elettrico e rilanciare l’auto nel suo insieme.