Mirafiori – Fiat 500, a ottobre nuovo stop alle linee dell’elettrica
Si fermano, nell’impianto torinese di Mirafiori, le linee di produzione della Fiat 500 elettrica. Lo ha annunciato il gruppo Stellantis in una comunicazione rivolta ai sindacati. Il costruttore, in particolare, ha informato le parti sociali che chiederà un nuovo periodo di cassa integrazione della durata di due settimane: uno stop che durerà dal 19 ottobre al 3 novembre.
Proiezioni più basse per i volumi. L’interruzione delle operazioni di assemblaggio, che va ad aggiungersi all’ulteriore pausa già prevista e confermata per la prossima settimana, coinvolgerà anche le linee dei modelli Maserati. Ma rappresenta soprattutto un segnale evidente – l’ennesimo – di una domanda per le auto elettriche che stenta a decollare: secondo quanto riportato dall’edizione torinese del Corriere della Sera, Stellantis potrebbe presto ufficializzare un ritocco al ribasso delle previsioni produttive per la 500 elettrica a 80 mila unità l’anno, contro le 100 mila inizialmente previste.
Il caso di Zwickau. La situazione che interessa Mirafiori, tuttavia, non è certo un caso isolato in Europa: la stessa Volkswagen, uno dei costruttori che ha stanziato gli investimenti più massicci nell’ultimo decennio per la transizione all’elettrico, è stata costretta ad annunciare nelle scorse settimane un taglio alla forza lavoro nell’impianto di Zwickau (dove vengono costruite ID.3, ID.4 e ID.5, oltre ad Audi Q4 e-tron e Q4 Sportback e-tron e alla Cupra Born) a causa della scarsa domanda per i suoi modelli a batteria.
La “tempesta perfetta”. Il segnale negativo, che segue simili difficoltà registrate nell’impianto di Emden, non è l’unico in seno al gruppo di Wolfsburg: anche l’impianto di Dresda, la storica “fabbrica di vetro” voluta da Ferdinand Piëch per la Phaeton – e oggi convertita alla produzione della ID.3 – sembra in procinto di prendere provvedimenti simili. Tanto che la presidente del consiglio di fabbrica Daniela Cavallo ha paventato il rischio di una “tempesta perfetta” per gli operai dell’azienda.
Il ripensamento di Londra. Si collocano all’interno dello stesso quadro, del resto, alcune recenti esternazioni di esponenti politici di spicco. Come quella di Rishi Sunak, il premier britannico, che lo scorso mercoledì ha annunciato lo slittamento di cinque anni, dal 2030 al 2035, dello stop alla vendita di automobili con motore termico nel Regno Unito. Una decisione che smentisce in maniera eclatante quella presa dal precedente esecutivo guidato da Boris Johnson e che allinea Londra ai tempi previsti dalla Ue. Senza però accontentare appieno i costruttori, che hanno subito espresso il loro disappunto per l’indecisione che regna anche Oltremanica. E che testimonia come la transizione all’elettrico richieda una guida più pragmatica, univoca e sicura.