Patente a punti – Il sistema del punteggio sui permessi di guida compie ventanni
La patente a punti compie vent’anni. Istituito nel 2002, il meccanismo del punteggio sui permessi di guida entrò in vigore il 30 giugno 2003. Una piccola rivoluzione che, anche per i generosi premi per buona condotta previsti dalla norma, nei primi anni di applicazione contribuì a ridurre incidenti e vittime della strada. Nel tempo, però, la spinta propulsiva della novità, ai fini della sicurezza stradale, si è progressivamente esaurita, gli italiani si sono adattati e i limiti del meccanismo si sono amplificati. Basti pensare che, in base ai dati forniti a Quattroruote dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sono ben 11,8 milioni le patenti attive nel 2003 e tuttora attive che in vent’anni non hanno mai subito decurtazioni. E che sono più di 25,2 milioni su un totale di 39,2 milioni quelle che hanno 30 punti, il massimo che si può raggiungere per buona condotta, diciamo così, a colpi di bonus da due punti ogni biennio. E che sono appena 818 mila quelle che, oggi, hanno meno di 20 punti.
In vent’anni tolti 175 milioni di punti, ma assegnati 613 milioni di punti omaggio. Di più. In vent’anni nel nostro Paese sempre in base ai dati forniti a Quattroruote dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono stati decurtati, complessivamente, circa 175,6 milioni di punti. Tanti? Macché: sono meno di 8,8 milioni all’anno. Considerato che il numero di patenti attive è stabile da decenni attorno ai 39 milioni, significa che in media ogni documento ne perde appena 0,22 all’anno. Nello stesso arco di tempo, però, i punti omaggio assegnati per buona condotta sono stati quasi 614 milioni, in media 30,7 milioni ogni anno. Insomma, in Italia ogni patente perde, in media 0,22 punti all’anno, ma ne guadagna 0,79, quasi quattro volte tanto.
L’intervento del governo. Dunque, se ogni anno perdono la vita sulle strade circa 3 mila persone in circa 150 mila incidenti, ma due patenti su tre hanno il massimo punteggio ottenibile, se più di una su quattro in vent’anni non ha mai perso punti, se in media ogni permesso perde appena 0,22 punti all’anno ma ne guadagna 0,79, forse c’è qualcosa che non va. E la decisione del governo, con il recente disegno di legge sicurezza stradale, di prendere a riferimento proprio il punteggio per attribuire la cosiddetta minisospensione della patente per chi commetterà alcune gravi violazioni che attualmente non la prevedono o la prevedono solo in caso di recidiva, rischia di essere, se sarà approvata dal parlamento, una misura completamente spuntata. Sarà infatti il numero di punti sulla patente – meno di 20 – a stabilire se al conducente dovrà essere ritirato il documento oppure no. E, nel primo caso, per quanto tempo: sette giorni per chi ne avrà tra 10 e 19, 15 giorni per chi ne avrà tra 1 e 9. Con raddoppio della durata della sospensione in caso di incidente.
Doppia uscita di sicurezza. Ma perché si perdono così pochi punti in Italia? Perché il sistema sanzionatorio a punteggio è sostanzialmente inefficace? Il fatto è che, come stabilì la Corte Costituzionale nel 2005, i punti possono essere tolti solo all’effettivo trasgressore e non al proprietario del mezzo, come invece aveva stabilito il parlamento se il conducente, come accade nella maggior parte delle situazioni violazioni accertate mediante telecamere non è identificato al momento dell’infrazione. In questa situazione, dopo la decisione della Consulta, spetta al destinatario del verbale dichiarare chi stava guidando. Se non lo fa scatta a suo carico un’ulteriore multa da 291 euro più spese (203,70 più spese se si paga entro cinque giorni dalla notifica). Una mazzata, ma anche una sorta di uscita di sicurezza che permette di salvare punti e, nei casi in cui è prevista la sospensione, anche la patente. E che non costa nulla se si può contare su nonni o genitori compiacenti (quasi sempre non più “guidanti”), disposti irresponsabilmente e dichiarando il falso a farsi carico delle malefatte di figli o nipoti. Ma in Italia, si sa, “i figli so’ pezzi e core”, figuriamoci i nipoti. Se si pensa che, come detto, le patenti con 30 punti sono più di 25 milioni su 39 milioni, è facilmente intuibile la vastità del serbatoio a cui gli italiani possono attingere in caso di necessità.
In vent’anni solo 240 mila azzeramenti. E infatti sempre in base ai dati forniti a Quattroruote dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in vent’anni le patenti che hanno azzerato il proprio punteggio, situazione che comporta la revisione della patente, ossia l’obbligo di sostenere nuovamente gli esami, sia quelli di teoria sia quelli di guida, sono state meno di 240 mila, in media 12 mila all’anno. In pratica, ogni anno la revisione per azzeramento dei punti riguarda lo 0,03% delle patenti attive. Numeri da Nazione virtuosissima, mica da Paese in coda nella classifica europea della sicurezza stradale.