Rally di Sardegna – Il salto di Micky

Beh, se doveva essere questo il mio primo contatto con un rally mondiale, non poteva andare meglio. Prova speciale 15 e 17 del Rally Italia Sardegna, al sabato: la Monte Lerno di Pattada, di 17,01 km. Prova aspra, selettiva. C’è un salto, sul Monte Lerno, a oltre 1.000 metri di altitudine, ormai famoso, e non solo in terra sarda: temuto dai piloti e meta d’attrazione per il pubblico esperto e focoso, che lo popola sin dalla notte precedente, per assicurarsi i posti migliori con tanto di tribunette in tubi. Ebbene, questo salto, che fu realizzato nel 2005 da un certo Michele Carta (da qui il nome di Micky’s Jump) su richiesta degli organizzatori, per creare un punto famoso e spettacolare dell’allora neo Rally Italia Sardegna del post Sanremo, è diventato un punto irrinunciabile per i veri amanti della competizione mondiale in terra sarda. Noi ci arriviamo da privilegiati, sull’elicottero messoci a disposizione dal Toyota Gazoo racing Italy. La temperatura, invece, è africana per tutti: oltre 37 gradi.

Un tonfo al cuore. Perché in quel punto prima senti le auto arrivare, e poi le vedi saltare come cavallette, toccare sotto se atterrano male, perdere pezzi, sbandare in fase di atterraggio, se il pilota non calcola bene tempi e traiettoria. Con i driver costretti a una robusta correzione da effettuare subito, per sterzare a sinistra ed evitare il muretto di pietre all’esterno, che è sempre lì, immobile, ad aspettare. Ma c’è anche chi frena, per evitare guai e per portare la macchina a fine prova tutta intera. Insomma, un punto di riferimento old style, anche per la presenza di un pubblico equipaggiato di tutto punto, con pane, salame e birra, come negli anni 80. Sempre pronto ad applaudire un equipaggio coraggioso che vuole regalare spettacolo, con le sospensioni che si estendono in modo strabiliante. Un tratto famoso in una corsa sempre dura e selettiva, fatta di sterrati pesanti e disseminati di pietre (occhio alle forature, sempre possibili), di strade strette e piene d’insidie, dove non sono ammessi errori di alcun tipo. E queste Rally1 2022, le reginette della classifica, in mano ai piloti ufficiali dei team principali – il Toyota Gazoo Racing, lo Hyundai World rally team e l’M-Sport Ford World rally team – sfrecciano a velocità autostradale sulla terra, sui salti, nelle forti discese verso il mare, con tanta arte da parte di chi le conduce e le naviga. Con la consapevolezza che spingere a fondo anche in una sola speciale è una scommessa con la sorte, rischiosissima per il lavoro di un’intera squadra. Un azzardo tipico degli assi, ma che, in un campionato così lungo, dove finora la Toyota sta facendo da lepre, bisognerà calmierare, dato che la Hyundai non sta a guardare, come dimostra la vittoria finale in Sardegna di Ott Tänak e la sua i20 N, seguito da Breen, su Ford Puma, e da Dani Sordo (ancora Hyundai). La Toyota in questa gara non ha dominato come in precedenza, però ha portato il capoclassifica, il classe 2000 finlandese Kalle Rovanperä al quinto posto e il giapponese Takamoto Katsuta al sesto, mentre Evans è stato classificato 35esimo ed Esapekka Lappi 37esimo, quest’ultimo uscito di strada il sabato, con rottura di una sospensione, mentre stava andando forte.  

Ritmo e gestione auto. Ma ciò che balza all’occhio di chi si accosta all’ambiente, qui in Sardegna, oltre al talento funambolico dei protagonisti, è che bisogna saper gestire la vettura – certo, andando ragionevolmente forte – su strade che sembrano mulattiere, dove spesso c’è spazio per un’auto sola. E il saper gestire la vettura, antica dote nelle corse su strada, ha quest’anno una ragione d’essere in più, offerta dall’adozione del nuovo sistema ibrido uguale per tutti, che qui in terra sarda è stato messo alla prova anche alle alte temperature. Un modo di introdurre un elemento green in un’auto da corsa che corre su strada e che può/deve percorrere alcuni tratti di trasferimento urbano in modalità elettrica pura. Un pacchetto, quello ibrido, alloggiato dietro i sedili del driver e del navigatore, che ha comportato anche la riprogettazione delle vetture: il telaio, infatti, non è più costituito dalla scocca di serie, ma da una struttura tubolare rinforzata sui lati, che ha permesso di avanzare i due sedili – con quello del navigatore ora rialzato, fatto che ha destato qualche malumore tra gli interessati – e di alloggiare meglio il sistema ibrido che include: un pacco batterie da 3,9 kWh che si ricarica in frenata o alla colonnina, un motogeneratore (MGU) che eroga 100 kW (136 CV) e 180 Nm di coppia per alcuni secondi, l’inverter e la centralina di controllo. Potenza che va a sommarsi a quella del quattro cilindri 1.6 turbo a iniezione diretta, da oltre 400 CV, per un totale di oltre 500 CV e 500 Nm. Un bendidio da spendere in modo inedito da parte del pilota e del team attraverso le strategie e le mappature motore. Ma anche tramite il piede destro, perché, quando arriva la potenza offerta in più dal boost elettrico, è immediata e poco progressiva, dunque bisogna tenerne conto. Oltre all’alimentazione ibrida, il powertrain viene alimentato per la prima volta da un carburante sostenibile al 100% privo di combustibili fossili (la miscela utilizza componenti sintetici e biocarburanti). Il modulo ibrido, ovviamente, ha aggiunto peso (circa un centinaio di chili) al centro di una vettura che ora, come si accennava prima, si guida in modo diverso dalle vecchie WRC, anche per via del nuovo cambio a cinque marce con leva centrale (e non più a sei, dotato di paddle): un fatto che costringe ora i piloti a staccare di continuo la mano destra dal volante, con ovvie conseguenze sul controllo del mezzo. Un altro mondo, rispetto agli ultimi anni. Due i differenziali, senza più quello centrale attivo, mentre è stato confermata la trazione integrale meccanica. Anche le sospensioni, a doppio MacPherson sulle Yaris GR, sono più semplici di prima, con una ridotta corsa consentita degli ammortizzatori. Qui in Sardegna, le specifiche delle Yaris sono state quelle per fondi più accidentati e sterrati, che prevedono, di norma, una maggiore escursione delle sospensioni e, quasi sempre, uno spessore maggiore delle protezioni del fondoscocca. 

Oltre i 200. Ancora qualche dato sulle vetture Toyota: le GR Yaris Rally1, guidate dagli equipaggi Elfyn Evans-Scott Martin, il capo classifica del Mondiale Kalle Rovanperä-Jonne Halttunen, ed Esapekka Lappi-Janne Ferm, sono lunghe 4,23 metri, inclusi i dispositivi aerodinamici (tipo il grande alettone posteriore), larghe 1,88 metri e con un passo di 2,63. Il peso minimo è di 1.260 chili (con liquidi, senza equipaggio), mentre, a seconda dei rapporti, la velocità può superare di poco i 200 km/h. Le gomme sono per tutte Pirelli Scorpion, da asfalto e da terra, queste ultime suddivise in mescola dura (sigla K4) e soft (K6). Se qualcuno si chiedesse con i rapporti corti e la trazione 4×4 quanti secondi impiega una GR Yaris da rally per arrivare a 100 km/h, potremmo rispondere che la giap si attesta su valori paragonabili a quelli di una supercar.