Rapporto Isfort – Ci spostiamo di più e lo facciamo in auto
Torniamo a muoverci e lo facciamo soprattutto in auto: è questo uno degli esiti più significativi del 19 rapporto sulla mobilità Audimob, stilato dall’Isfort, l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti, e realizzato con la collaborazione del Cnel (il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) e di diverse associazioni di trasporto pubblico. Il 2020, infatti, aveva visto una forte crescita della mobilità pedonale, imposta dai lockdown dovuti alla pandemia; la tendenza non si è però confermata l’anno successivo, che ha visto tale modalità di spostamenti scendere di sei punti rispetto al 22,7% allora registrato e crollare del 14% nel primo semestre di quest’anno nei confronti del 2019. Per contro, sempre nella prima metà di quest’anno, gli spostamenti in auto hanno quasi raggiunto la soglia del 65%, contro il 59% del 2020 e il 63,5% dell’epoca precedente la pandemia.
Parco vecchio. Le auto che utilizziamo sono tante (39,8 milioni, 100 mila in più rispetto al 2019), con un tasso che supera di poco i 67 veicoli ogni 100 abitanti, ma stanno diventando sempre più vecchie, per il rallentamento del tasso di sostituzione: l’età media del parco circolante è di 12,2 anni, contro gli 11,8 del 2020. Oltre 11 milioni di auto, pari a poco meno del 30% del totale, rispondono a direttive ambientali non superiori alla Euro 3: la corsa alla transizione ecologica è frenata dalle difficoltà economiche che rendono l’acquisto di un modello di nuova generazione sempre più difficile.
Mezzi pubblici in calo. L’alternativa del trasporto pubblico, secondo lo studio Isfort, non sembra tuttavia allettante: nel 2022, il numero dei passeggeri è diminuito del 21% rispetto al 2019 e per il prossimo anno la previsione è di una domanda in calo del 12% rispetto allo scenario precedente la pandemia. In Italia il settore comprende 900 imprese, con 114 mila addetti e un fatturato di circa 12 miliardi di euro, ma tutto questo non basta a incrementare l’utilizzo di un parco mezzi la cui età, per quanto riguarda gli autobus, è di tre anni superiore alla media europea. A risentirne sono anche i bilanci delle imprese, i cui costi operativi, per l’incremento di quelli dell’energia, sono destinati a crescere, quest’anno, del 12,9%. Da qui, l’ipotesi di un aumento del prezzo dei biglietti in alcune città come Milano, nonostante la percezione nazionale del trasporto pubblico da parte dei cittadini sia complessivamente negativa (giudizi dovuti alla scarsità delle corse, l’inaffidabilità degli orari, la paura dei possibili contagi da Covid). La valutazione negativa riguarda anche la dotazione insufficiente delle nostre città in tema d’infrastrutture: rispetto alla media delle realtà europee disponiamo del 40% in meno di reti di metropolitane, del 50% in meno di quelle tranviarie e del 50% di ferrovie suburbane.