Russia-Ucraina – Settore auto in allerta per l’escalation militare

Un nuovo problema si aggiunge al sempre più lungo elenco di difficoltà affrontate dal settore automotive: oltre alla crisi dei chip, alle difficoltà logistiche, alle carenza di approvvigionamenti o al rincaro delle materie prime, i costruttori devono ora alzare il loro livello di allerta anche sulla crisi delle relazioni tra la Russia e i Paesi dell’Alleanza Atlantica. La tensione si è acuita ieri con le mosse del presidente russo Vladimir Putin, che ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk e inviato le proprie truppe nella regione del Donbass con l’intento di assicurare una presunta pace. L’iniziativa del Cremlino, però, non ha fatto altro che acuire una tensione già da tempo alle stelle.

Borse europee nervose. La situazione è comunque fluida e soggetta a eventuali progressi diplomatici, ma le ultime mosse di Putin sono state stigmatizzate dalla Casa Bianca e dalle cancellerie europee, pronte a imporre pesanti sanzioni economiche: il premier britannico Boris Johnson ha già annunciato provvedimenti contro cinque banche russe e alcuni oligarchi, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha deciso di sospendere il processo di approvazione del gasdotto North Stream 2. Inoltre, i Paesi membri dell’Unione Europea stanno cercando di raggiungere una quadra (non sono poche le divisioni tra chi vuole perseguire una linea dura e chi punta su un approccio più prudente) su alcune misure per colpire le esportazioni, il mercato energetico o gli asset finanziari della Russia. In tale quadro, l’andamento delle Borse mondiali non lascia presagire nulla di buono anche per i prossimi giorni. Sulle piazze finanziarie europee ha prevalso un forte nervosismo ma i principali indici azionari sono riusciti a limitare le perdite e a evitare la pesante caduta prevista prima dell’apertura: -0,02% a Milano, -0,26% per Francoforte, -0,01% per Parigi, +0,13% per Londra. A sostenere le Borse sono stati soprattutto i titoli energetici, sospinti, a loro volta, dal forte rialzo del petrolio: il WTI guadagna oltre il 2% e il Brent poco meno dell’1% in scia agli acquisti dettati dalla paura di una scarsa disponibilità delle forniture nei prossimi mesi. Il miglior indicatore dell’attuale situazione è comunque l’oro, il bene rifugio per eccellenza: il metallo giallo viene trattato stabilmente sopra i 1.900 dollari l’oncia e alcuni analisti lo vedono prossimo a superare la soglia dei 2 mila dollari.

I titoli dell’auto. Il comparto dell’automotive, da giorni tra i più penalizzati dal sell-off azionario, ha contenuto le perdite anche grazie al traino del titolo Volkswagen, che sin dalle prime battute della seduta ha messo a segno consistenti guadagni in scia alla conferma di una possibile quotazione della Porsche: le azioni della società di Wolfsburg hanno chiuso in rialzo del 10,2%. Stellantis ha guadagnato lo 0,26%, BMW il 2,22% e Mercedes l’1,6%. D’altro canto, non sono soltanto i venti di guerra a influire sui corsi azionari, ma anche il futuro della Russia all’interno del contesto internazionale. Inoltre, le sanzioni potrebbero influire pesantemente, come già avvenuto in passato con l’Iran, sulla presenza in loco di diverse Case occidentali: è il caso della Renault, che ha perso il 3,76%.

La presenza in Russia. La Casa della Losanga è, probabilmente, la più esposta alla Russia, dove controlla l’AvtoVaz, con il relativo marchio Lada, e possiede grandi impianti come la storica fabbrica di Togliattigrad. Alla domanda su eventuali piani di emergenza, da Boulogne-Billancourt hanno risposto che è prematuro fornire indicazioni su possibili reazioni a eventuali sanzioni. Stiamo seguendo con molta attenzione le discussioni diplomatiche in corso, ha aggiunto un portavoce. La Renault non è ovviamente la sola a prestare la massima attenzione agli sviluppi della crisi diplomatica. A Kaluga, città a circa 180 chilometri da Mosca, si trovano impianti dei gruppi Stellantis (in joint venture con la Mitsubishi) e Volkswagen, nonché di fornitori del calibro della Continental e della Magna. I tedeschi di Wolfsburg producono anche a Nizhny Novgorod, grazie a un accordo con la Gaz. Pure la Mercedes e la BMW hanno attività produttive in Russia.

Gli esempi del passato. Per ora è difficile prevedere gli effetti di un’escalation militare, in particolare sulla fiducia di consumatori e imprese, e quindi sulla loro propensione agli acquisti. Non aiutano alcuni esempi del passato. Nel 2003, la seconda guerra del Golfo determinò un calo delle vendite di auto negli Stati Uniti oltre le aspettative più pessimistiche. Stando a uno studio di JD Power, nei primi quattro giorni della seconda invasione dell’Iraq la domanda subì una flessione dell’8%: un dato lontano dal brusco crollo registrato sia nel 1991, durante il conflitto che portò alla caduta del regime di Saddam Hussein, sia nei giorni successivi al crollo delle Torri Gemelle a New York. In ogni caso, saranno i prossimi giorni a definire nei dettagli un quadro che oggi appare molto difficile, caratterizzato da una forte volatilità e da una spiccata sensibilità a sviluppi di qualsiasi genere.