Silvio Berlusconi – Cosa ha fatto (e cosa no) il Cavaliere per gli automobilisti

Ha lasciato il segno, Silvio Berlusconi, nel mondo dell’auto. O meglio, nella vita quotidiana degli automobilisti, perché i suoi governi (è stato presidente del Consiglio in quattro occasioni, tra il 1994 e il 2011) e i suoi ministri hanno spesso lavorato sul piano normativo e fiscale, intervenendo sul Codice della strada e su una miriade di altre norme. Con esiti, in verità, alterni, ma lasciando sempre una traccia importante. Ecco qualche esempio.

L’abolizione del bollo auto. Promessa elettorale ricorrente, purtroppo mai mantenuta. Anticipò che l’avrebbe fatto entro metà legislatura l’11 aprile del 2008, nel corso di una popolare trasmissione televisiva; propose di eliminarlo almeno per la prima auto nel 2012; tornò alla carica con lo stesso argomento nel 2017. A ogni chiamata alle urne – o quasi – un’argomentazione per far presa sugli umori popolari, ma anche una scommessa azzardata: come rinunciare a un gettito fiscale che, a oggi, ammonta a circa 6,5 miliardi di euro l’anno, essenziali per le casse delle Regioni cui sono destinati?

Accise e superbollo. Nella sua carriera politica, più che ridurre le tasse automobilistiche, Berlusconi è stato costretto ad aumentarle. Non per colpa sua, ma per le necessità di un bilancio dello Stato e di un deficit pubblico che rischiava di allontanarsi troppo non solo dai parametri fissati dalla UE, ma anche da quelli di una sana economia. Così, per esempio, in uno dei periodi più difficili per il Paese sono ascrivibili ai suoi governi i ripetuti aumenti delle accise sui carburanti varati nel 2011: quello del 6 aprile, utilizzato per finanziare il Fondo unico per lo spettacolo, quello del 28 giugno necessario per fronteggiare un afflusso straordinario di migranti, e quello dell’1 luglio, sempre destinato al Fondo spettacolo. Nello stesso periodo, il 15 luglio il suo esecutivo introduceva anche il superbollo per le auto con potenza superiore a 225 kW, valore che sarà ridotto dall’1 gennaio 2012 a 185 kW dal successivo governo guidato da Mario Monti (ed è tuttora in vigore, nonostante l’esiguità del gettito che garantisce).

La patente. Spetta a Berlusconi e al suo ministro delle Infrastrutture e trasporti Pietro Lunardi il merito di aver adottato per la prima volta in Italia il meccanismo della patente a punti, dimostratosi efficace come deterrente contro i comportamenti stradali più riprovevoli nei primi anni della sua applicazione. Dopo un lungo iter legislativo, il sistema è entrato in vigore il 30 giugno del 2003, insieme con altre norme di minore impatto, alcune delle quali discusse: per esempio, l’obbligo di accensione delle luci anche nelle ore diurne sulle strade extra-urbane e quello di indossare il giubbotto riflettente in caso di fermata di emergenza dell’auto. 

Il Codice delle assicurazioni. Un tentativo di mettere ordine nel sistema delle coperture assicurative, introducendo l’indennizzo diretto del danneggiato da parte della propria compagnia, portato a compimento con un decreto legislativo nel settembre del 2005 durante il terzo governo di Berlusconi. 

Il patentino per i ciclomotori. Il certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori è stato adottato a partire dal 1 luglio del 2005: prima di allora, i ragazzi potevano balzare in sella a 14 anni senza avere il minimo rudimento delle norme di circolazione e della segnaletica stradale. Una falla del sistema cui venne posto rimedio.

La riforma del Codice della strada. Non è mai arrivata durante i quattro governi presieduti da Berlusconi, ma neppure con quelli guidati da altri presidenti del Consiglio: è un tema che si trascina ormai da un paio di decenni ed è ancora pienamente d’attualità. Nel corso degli anni si è provveduto ad aggiornare le norme con una miriade di provvedimenti parziali, intervenendo sugli aspetti più urgenti, senza però riuscire a mettere in atto una revisione organica del testo legislativo che risale al 1993. Ora ci sta provando il ministro Salvini, che promette di portare a termine l’opera entro il 2024.

L’aumento dei limiti di velocità. Era il 2003 quando Berlusconi, insieme con il ministro Lunardi, riusciva a far modificare l’art. 142 del Codice della strada prevedendo la facoltà per i gestori delle autostrade d’innalzare, in presenza di certe condizioni dell’infrastruttura, del traffico e del meteo, il limite massimo di velocità da 130 a 150 km/h. Missione compiuta, ma solo sulla carta, ché nessuna società concessionaria ha mai messo in pratica la norma, per timore di un incremento del tasso d’incidentalità (che influisce sulla determinazione dei pedaggi). Anche in questo caso, ci sta riprovando oggi il ministro Salvini.

Il Ponte sullo Stretto. Le grandi opere sono sempre state a cuore a Berlusconi, convinto delle necessità di offrire opportunità alle imprese italiane e ai lavoratori, stimolando l’economia. Prima tra tutte, il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia: nel famoso Contratto con gli italiani, presentato nella popolare trasmissione Porta a porta alla fine del 2000, è uno dei capisaldi della cartina d’Italia che il leader di Forza Italia disegna inserendovi le infrastrutture che considera prioritarie. Nel 2002, Berlusconi dichiara: Il Ponte di Messina questa volta si farà, lo garantiamo: porremo la prima pietra nel 2004 e lo concluderemo nel 2020. Non succederà nulla di tutto questo, ma il tema tornerà a riemergere anche con altri governi (quello di Renzi nel 2016, per esempio), fino al recente rilancio da parte dello stesso Berlusconi e di Matteo Salvini, a sua volta convinto sostenitore dell’opera.

Le grandi opere. Ponte a parte, Berlusconi è sempre stato un uomo del partito del fare, quindi ha espresso frequentemente il proprio sostegno alla realizzazione delle grandi infrastrutture. Durante i suoi governi, per esempio, sono stati fatti passi avanti importanti per la realizzazione della terza corsia sul Grande raccordo anulare di Roma, per la Variante di valico tra Bologna e Firenze, per il passante di Mestre (VE) e per il rifacimento della Salerno-Reggio Calabria; altre imprese, invece, sono tuttora ancora al palo, come il completamento della Livorno-Civitavecchia e il passante di Bologna.