Smart #3 – Spazio al carattere – VIDEO

Se vi dicessi che la #3 è lunga quasi quanto una Mercedes Classe A e che, volendo, accelera da 0 a 100km/h come una Porsche 911 S/T o Carrera S, difficilmente immaginereste che è una Smart. Magie dell’elettrico, ma anche del nuovo corso del marchio tedesco, intrapreso dopo la joint venture paritetica tra Daimler e il colosso Geely. Con i cinesi a fornire i pianali nativi elettrici ai nuovi modelli, le Smart – ora fabbricate in Asia – si sono allontanate dall’archetipo originario di citycar lillipuziane trasformandosi in qualcosa di nuovo e diverso, sia nello stile che nelle prestazioni. Tutto è iniziato con la #1, la prima Suv, e ora prosegue con la #3, una Suv-coupé, ordinabile in Italia a partire dal 7 dicembre e in consegna nell’anno nuovo.

Acquattata. Tra le due, la base tecnica è sostanzialmente identica ma le differenze sono tante, a partire dalle dimensioni. Con i suoi 4,4 metri di lunghezza, la Tre stacca la Uno di ben 13 centimetri. Ma è anche un po’ più larga, 1,84 metri, e più bassa (a beneficio pure dell’aerodinamica) di ben 8 centimetri, arrivando a 1,56 metri. Il tutto, poi, è corredato da un passo leggermente allungato (2,78 metri) e da una luce a terra ridotta di 2 cm rispetto a quella della #1, per una presenza su strada più sportiva. Detto questo, restando nell’ambito di un linguaggio minimalista e giocoso al tempo stesso, anche lo stile si mette in proprio, con un padiglione che scivola dolcemente verso la coda, là dove un terzo volume di carrozzeria viene appena accennato. Il resto sono dettagli: dal badge riposizionato sul parafango ai bei cerchi da 19”, che sulla #3 sono di serie (la #1 parte da 18”) e sulla versione Brabus (428 cavalli, trazione integrale) passano alla misura superiore, 20 pollici.

Si fa tutto dal touch screen. Anche gli interni tradiscono un carattere un po’ più sportiveggiante. Per esempio, attraverso i sedili, che sulla #3 hanno il poggiatesta integrato e, soprattutto, sono posizionati più in basso. Chi siede al volante, dunque, assume una posizione un po’ meno di vedetta, rispetto a quanto avviene sulla #1, senza però rinunciare alla generosa visibilità offerta dal grande parabrezza. Intorno, la plancia è spoglia di pulsanti e il grande tunnel centrale – costellato di vani portaoggetti ma anche un filo ingombrante – fa ponte su una vasca sottostante, perfetta per una borsetta. Sono elementi già noti la strumentazione, un pannello da 9,2″ di diagonale, sottile ma capace di “parlare” con chiarezza al guidatore, integrabile con l’head-up display, e del touch screen centrale da 12 pollici abbondanti: un tablet piuttosto reattivo al tocco, animato da un processore Qualcomm Snapdragon e disegnato con grafiche ben leggibili e allo stesso tempo accattivanti. L’impostazione è scuola Tesla, perciò da qui si passa per fare di tutto: compreso regolare gli specchietti. Dopo un minimo di studio, le operazioni diventano pure semplici. Ma il rischio è di essere chiamati a interagire con il display dell’infotainment (aggiornato over-the-air) molto spesso mentre si guida. Come assistente-avatar, al posto della volpe presente sulla #1 troviamo qui il ghepardo, a sottolineare ancora una volta il posizionamento più sportivo della Suv-coupé.

Come si vive. Una Suv-coupé ha più stile, certo, ma come la mettiamo con l’abitabilità? Dietro c’è meno spazio? All’atto pratico, l’andamento a scivolo del tetto non sembra penalizzare la seconda fila (i numeri del Centro Prove, in questo senso, avranno l’ultima parola). Entrando, sì, tocca piegarsi un po’ di più, ma una volta seduti sul divanetto ci si accomoda bene. Di margine in altezza o per distendere le gambe, ce n’è anche per chi è più alto della media. Il pavimento piatto, poi, consente di sistemare bene i piedi e, volendo, anche di viaggiare in cinque. Rispetto alla #1, però, manca un filo di versatilità. Tradotto: qui non c’è il divanetto scorrevole, che all’occorrenza permetterebbe di ampliare un po’ la capienza del bagagliaio. Ma va detto che quest’ultimo, di base, è più capiente, grazie soprattutto alla maggiore profondità: il valore dichiarato (al tetto) compreso il doppiofondo è 370 litri, per arrivare a 1.160 a sedili posteriori ripiegati: ciò significa godere di una cinquantina di litri in più rispetto ai 323 (sempre nominali) della #1, caricando su un piano che, però, non è a filo della soglia. Nel cofano, il cosiddetto frunk aggiunge ulteriori 15 litri di stiva, buoni per conservare i cavi della ricarica oppure oggetti sporchi.

Batteria, autonomia e prezzi. Proposta in cinque versioni (Pro, Pro+, Premium, 25th Anniversary e Brabus), la gamma della Smart #3 si struttura su tre possibili configurazioni tecniche. La prima, relativa alla Pro, prevede un pacco batterie al litio ferro-fosfato da 49 kWh lordi (circa 46 netti) di capacità, che oltre a offrire un’autonomia inferiore (325 km il dichiarato) è anche più limitata nella ricarica, fino a 7,4 kW di potenza in corrente alternata e fino a 130 kW in corrente continua. Abbinata al propulsore monomotore da 272 CV e 343 Nm montato tra le ruote posteriori, la Pro è la #3 più economica con un listino a partire da 38.548 euro. Nel mezzo, le versioni Pro+, Premium e 25th Anniversary (con prezzi, rispettivamente, da 43.548, 46.548 e 47.48 euro) a parità di powertrain sono alimentate da accumulatori da 66 kWh lordi (64 netti). L’autonomia dichiarata, in questo caso, varia da 435 a 455 km a seconda dell’allestimento e la potenza di ricarica sale a 22 kW in corrente alternata e 150 kW in corrente continua. Significa, per capirci, poter riuscire a ripristinare l’80%, rispettivamente, in meno di 3 ore e in meno di 30 minuti. In cima alla gamma, infine, c’è la Brabus (da 51.118 euro) con powertrain bimotore quindi a trazione integrale da 438 cavalli e 543 Nm, alimentata anch’essa col taglio da 66 kWh, per un’autonomia nominale di 415 km.

Come va. Su strada, è facile entrare in confidenza con la Smart più grande di sempre. Si avvia senza pulsante: premi il freno, metti in D la levetta al volante e inizi a guidare. Gestire i suoi ingombri in manovra risulta piuttosto semplice di suo l’ampia visibilità aiuta e diventa un gioco da ragazzi con la telecamera a 360 gradi, che è di serie, come pure i sensori di parcheggio. Forte di sospensioni posteriori multilink, è anche in grado di assorbire abbastanza bene l’intero campionario imperfezioni e ostacoli che tipicamente troviamo su strada muovendoci, come in questo caso, tra l’extraurbano e i centri cittadini: e ciò si percepisce nonostante la #3, di per sé già ribassata, punti su un assetto un po’ più rigido rispetto alla #1. Promosso il confort, dunque, anche a livello acustico, con un abitacolo ben schermato da fruscii e rumori di rotolamento.

Le forme aiutano (l’autonomia). Il mio test drive sulle strade di Palma di Maiorca inizia con una #3 Premium da 272 cavalli. Il percorso si snoda principalmente su strade costiere in continuo saliscendi, e quando mancano pochi chilometri alla pausa butto l’occhio sul computer di bordo per farmi un’idea di quanta strada possa ancora fare. Partito con la batteria carica al 97% e la promessa di 442 km disponibili, dopo 70 km di viaggio mi ritrovo al 78% e con 355 km residui. In quel momento la strumentazione segna un consumo medio di circa 20 kWh per 100 km, che mi varrebbe un’autonomia superiore ai 305 km rilevati nelle nostre prove con al #1 con lo stesso powertrain. La “Tre” sembra dunque di parola quando dichiara, grazie anche al Cx più favorevole (0.27), di essere più parca della cugina “Uno”. Ma, come sempre, il discorso andrà ripreso a Vairano, ché il contesto di questo primo contatto (e il valore indicato dal computer di bordo) è piuttosto volubile: mi basta infatti un’ulteriore manciata di km percorsi a basse velocità (e in parte in discesa) per vedere il consumo medio scendere di colpo a 18,4 kWh/100 km, dato ancora più favorevole.

Meglio uno o due motori? Il powertrain da 272 CV, di per sé, garantisce già un ottimo spunto e tanta vivacità in ripresa, quando, per esempio, si cerca slancio per un sorpasso. Lo 0-100, qui, è di 5,8 secondi, mentre la velocità massima è 180 km/h. Le prestazioni della #3 monomotore sono dunque sufficientemente brillanti per cavarsela in ogni situazione, ma per chi volesse di più c’è la Brabus, che alza e di parecchio l’asticella. Qui, lo ricordiamo, i motori a spingere sono due e i cavalli in gioco ben 428, conditi da una coppia di 543 Nm. Basta premere con decisione l’acceleratore ed emerge subito quel po’ sana di cattiveria che all’altra versione, più dolce e progressiva nel prendere velocità, manca. Il massimo si ottiene in modalità Brabus, dove il sistema sfrutta tutto il suo potenziale. Per chi cerca emozioni c’è anche il launch control, che si attiva dal display dell’infotainment. A corollario di queste prestazioni ben più spinte, le tarature dell’assetto, così come alcune componenti, vedi molle e ammortizzatori, sono specifiche. Per il resto, il fine tuning e le dotazioni tecniche extra finiscono grossomodo qui.