Stati Uniti – Basta incentivi alle Bev con batterie cinesi: le nuove regole subito depotenziate

A partire dal 2024, le auto elettriche vendute negli Stati Uniti e dotate di batterie cinesi o di altri Paesi “ostili” non avranno più diritto agli incentivi federali. L’intervento voluto dall’amministrazione Biden per arginare l’avanzata di Pechino negli States, tutelando il made in Usa, l’industria automobilistica, l’economia e i livelli occupazionali interni entra nel vivo e arriva a una definizione precisa, quella delle linee guida diramate dal dipartimento del Tesoro. Il quale, tuttavia, ha già “ammorbidito” i criteri di tracciamento – e pertanto l’esclusione dal bando – di alcuni minerali critici degli stessi accumulatori. Quanti minerali? Non più del 2% del totale, secondo i federali. Ma per l’Alliance for Automotive Innovation, potente associazione dei costruttori (vi partecipano quasi tutti, comprese le Big Three Stellantis, GM e Ford), la misura si è resa necessaria per non escludere dagli incentivi praticamente “tutte le elettriche” commercializzate negli Usa.

Crediti d’imposta e… Feoc. Com’è ormai noto, l’iniziativa protezionistica rientra nell’Ira (Inflation Reduction Act), voluto da Joe Biden per sostenere con 369 miliardi di dollari le aziende americane della green economy. In questo caso non si parla dei classici incentivi italiani con sconto diretto sull’acquisto, ma di crediti d’imposta federali fino a 7.500 dollari complessivi per chi acquista una vettura elettrica. Stando ai dettami del Tesoro, dal 2024 un veicolo idoneo a ricevere il “tax credit” non potrà contenere nessun componente della batteria prodotto da aziende di proprietà di una “foreign entity of concern” (Feoc, ovvero “realtà straniera d’interesse” con accezione negativa, ndr). Escluse anche le società controllate da tali realtà straniere, anche solo parzialmente (basta il 25% del board o dei diritti di voto). Al momento, tali Feoc sembrano essere, oltre alla Cina, anche la Russia, la Corea del Nord e l’Iran. Ma non è tutto: dal 2025, gli accumulatori non potranno contenere minerali critici estratti, lavorati o riciclati da una Feoc. Partendo dal dominio assoluto cinese nella catena del valore di componenti e materie impiegati nelle batterie, il risultato teorico di tutto ciò è che il numero di elettriche ammesse agli incentivi federali si ridurrà considerevolmente, per arriivare a un pugno di modelli. Ma non sarà così, almeno non subito: già, perché come detto il Tesoro, con una decisione che rappresenta una vittoria per i costruttori legati alle forniture orientali, ha deciso di escludere dal tracciamento alcuni materiali critici che compongono le batterie. Per quanto tempo? Al momento, si parla dei prossimi due anni.

Le reazioni. “Con queste linee guida, ci assicuriamo che il futuro delle auto elettriche negli Stati Uniti sia made in America”, ha detto John Podesta, consigliere di Biden. In effetti, è giusto parlare di “futuro” più che di presente, perché con queste premesse le Case automobilistiche non dovranno correre immediatamente ai ripari. L’Alliance for Automotive Innovation ha già accolto con soddisfazione la “moratoria”, definita “prudente e significativa”, mentre General Motors s’è affrettata a dichiarare che molti dei suoi veicoli continueranno a beneficiare degli incentivi. Questione a parte – e ancora da chiarire nelle sue possibili conseguenze – per la Ford, che in ballo ha un vero e proprio accordo col produttore cinese di batterie Catl per il nuovo stabilimento del Michigan. Detto questo, sul piano di Biden sono piovute anche critiche, specie dal presidente della commissione senatoriale per l’Energia, Joe Manchin, che ha definito le nuove regole “illegali e vergognose”. Quanto all’estero, va ricordato che l’intervento protezionistico americano sta ispirando il presidente francese Emmanuel Macron, a suo volta interessato a erigere delle protezioni contro l’avanzata cinese: l’inquilino dell’Eliseo, tuttavia, intende adottare criteri leggermente diversi (la misurazione delle emissioni dei veicoli – elettriche comprese – nell’intero ciclo di vita) e si è fatto diretto promotore di un’indagine anti-dumping nei confronti delle strategie di mercato del Dragone, poi effettivamente avviata dall’Europa.