Strade elettriche – Dove si trova e come funziona la ricarica in movimento?

Si parla di ricarica wireless, colonnine raffreddate a liquido, stazioni per la sostituzione rapida delle batterie (battery swap), droni automatici: tuttavia, la tecnologia che avrebbe il maggior impatto non solo sulle infrastrutture, ma anche sul modo di utilizzare un’auto (elettrica), è quella che permette alle auto a batteria di ricaricarsi mentre percorrono una strada. Non una qualunque, però: una “strada elettrica”.

Cambio di passo. Pensiamoci un attimo. Senza il bisogno di colonnine, verrebbero meno tanti vincoli: non servirebbe più pianificare le soste in base all’autonomia, o attedere il tempo della ricarica. Insomma, verrebbero meno, e in un sol colpo, i principali limiti e le paure di chi non è avvezzo all’utiilizzo di un’elettrica. La questione della ricarica è infatti il problema centrale attorno al quale ruota il dibattito sui veicoli a zero emissioni, dalla ricerca di stazioni a una distanza compatibile con le proprie abitudini di spostamento, alla velocità del rifornimento. La realtà attuale, infatti, è fatta di stazioni fisse, spesso disponibili in numero limitato, occupate oltre la necessità della ricarica, o persino senza diritto. Fare piazza pulita di simili vincoli, insomma, avrebbe il sapore di una vera rivoluzione.

Sperimentazioni in corso. Dal punto di vista tecnologico non ci sono grandi ostacoli, tanto che non mancano esempi concreti e funzionanti di strade elettriche già realizzate: dalla Svezia, dove sull’isola di Gotland è stato costruito un tratto in grado di alimentare un autobus con un sistema di ricarica a induzione – lo stesso realizzato anche in Corea del Sud -, fino all’Italia, dove è presente un circuito sperimentale di un chilometro realizzato in provincia di Brescia all’altezza del casello di Chiari della BreBeMi. La ricarica a induzione alla base delle strade elettriche ha enormi potenzialità, tanto che in Svezia, entro il 2026, verranno realizzati addirittura 21 chilometri tra rebro e Hallsberg.

Come funziona. Il funzionamento di una “strada elettrica” è semplice: la sede stradale ospita delle linee elettriche che trasferiscono l’energia direttamente ai veicoli tramite bobine induttive o binari conduttori, mentre il veicolo viene dotato di un ricevitore wireless, posizionato sul fondo del pianale, per assorbire la carica e alimentare le batterie. La velocità di ripristino dell’accumulatore è identica a quella di un sistema wireless “fisso” ma presenta un vantaggio ulteriore, ovvero la possibilità di utilizzare batterie più piccole (con una riduzione delle dimensioni fino al 70%), con indubbi benefici in termini di peso dei veicoli e dei loro costi di produzione. Non solo: avere più mezzi che si ricaricano in movimento significa avere meno file alle colonnine e meno picchi di richiesta di energia sulla rete. Un recente studio della Chalmers University di Göteborg ha analizzato i dati di oltre 400 autovetture per studiare i modelli di guida reali, arrivando a un’interessante conclusione: per una circolazione ideale delle elettriche, perlomeno nel caso svedese, basterebbe che il 25% delle strade più trafficate fosse elettrico.  

Il limite. C’è però un importante rovescio della medaglia, in quanto il costo dell’installazione delle bobine nell’asfalto della rete stradale risulterebbe piuttosto significativo, rendendo difficile immaginare lunghi lavori per adattare il sistema viario nazionale a queste nuove esigenze. Tantomeno, avrebbe senso costruire nuove strade in aggiunta a quelle esistenti. Ecco perché il destino delle strade elettriche sembra quello di essere adottate in contesti chiusi, come porti, aeroporti, piazzali di interscambio commerciali, stabilimenti e così via. In pratica, non in contesti pubblici, ma in luoghi in cui i veicoli elettrici si muovono sempre sugli stessi percorsi.