Tazio Nuvolari – Dieci foto per spiegare “il più grande pilota del passato, del presente e del futuro”
Inutile girarci intorno, 70 anni moriva Tazio Nuvolari. Era il 1953, il Nivola aveva unito quel mondo che due guerre mondiali avevano cercato di dividere. Vinceva sulle rosse italiane come sulle argentee teutoniche. A casa e in trasferta. Lo applaudivano in Sicilia come in Inghilterra. Nato nel mantovano, in quel di Castel d’Ario alla fine di un secolo che andava ancora in carrozza (1892), comincia a correre in moto prima, per poi trasformare la macchina di casa, una Ansaldo a 6 cilindri, e buttarsi sulle quattro ruote. Ferdinand Porsche lo definì il più grande pilota del passato, del presente e del futuro. Sembra retorica, dici? Giudica tu, guardando queste dieci immagini (quasi) inedite del mantovano volante, raccolte nel libro “L’antileggenda di Nuvolari” di Cesare De Agostini (1972).
1 – Anni 20. Il direttore della Voce di Mantova, Lauro Giuliani, riceve una foto in redazione. il ritratto di uno con la sigaretta in mano, le fasce che gli legano i pantaloni perché non svolazzino e una catena al collo (specifico, catena di ricambio, non gioiello porta ninnoli). Pare un Che Guevara della bassa. Decide di pubblicarla, con un titolo strillato che sembra più quello di un film che di un articolo di cronaca sportiva: Nuvolari, motociclista d’assalto.
2 – Rovigo, 1924. Un pilota vestito da meccanico sulla sinistra, un altro che sembra un alpinista sulla destra. In mezzo, una Chiribiri. Uno ascolta, l’altro parla. Cosa stesse dicendo il corridore Nivola al corridore Enzo Ferrari, ecco, questo nessuno lo sa.
3 – Monza, 1925. Tre moto in piega, alla curva di Lesmo. Sarà un effetto ottico, sarà una foto mal riuscita, fatto sta che le due moto dietro sembrano ferme. Basite, forse, da come quella davanti a loro, guidata da Nuvolari appunto, sia venuta fuori così tanto mossa
4 – Alessandria, 1934. Un platano sulla sinistra, in mezzo lui sdraiato a terra e coperto alla bell’e meglio, intorno una ressa, più o meno in ginocchio. Brutta scena, se non ci fosse su una dedica Presto vedrete che non sono morto. Firmato, Tazio Nuvolari.
5 – L’assegno, 1937. 10.000 lire, in quell’anno, non sono noccioline. Il tecnico Luigi Bazzi, quando le ricevette, subito non capì. Poi lesse il biglietto di Tazio, quale premio al periodo che Lei era ancora all’Alfa Romeo ed io, per Sua scrupolosa collaborazione, mi affermai. E gli scappò una lacrima.
6 – Tripoli, 1936. Una berlina nera, un gruppo di camici bianchi a destra. Uno, il primario, che parla con uno seduto dentro, ancora convalescente: Nuvolari. Sono le ultime raccomandazioni di un medico curante che il venerdì riceve il paziente Tazio (uscito di strada a 200 all’ora nelle prove) e la domenica lo vede ripartire per la gara.
7 – Long Island, 1936. Gli organizzatori della Coppa Vanderbilt gli mettono a disposizione una Lincoln. Che quando passa per Westbury, tutti si girano a guardare. Nuvolari subito non capisce. Poi scende e vede cosa c’è scritto a caratteri cubitali sul baule: Tazio Nuvolari Automobile Race Champion of Italy.
8 – Stesso posto, altra foto. Nuvolari, questa volta, è seduto dentro alla sua Alfa della Scuderia Ferrari. Un’attrice, che posa per la foto col campione, guarda dritto in macchina. Il Nivola, invece, pare catturato da un altro obbiettivo, l’avvenenza della diva.
9 – Pau, 1938. Ai piedi dei Pirenei, dalla parte francese. A due passi da Lourdes. Una colonna di fumo si alza dalla macchia. In mezzo si intravede una ruota. quella dell’Alfa di Nuvolari. Che con questo, ha provato anche l’incendio.
10 – XV Milla Miglia, 1948. La foto vera e propria non c’è. C’è però una lettera di un appassionato, che vale più di mille immagini: Ci siamo fermati presso una curva a 90 e ci siamo detti beh, qui solo i cannoni sanno girare’, e pazientemente abbiamo atteso. Non avevo però sentito la notizia radio al mattino, perciò io aspettavo Nuvolari sul numero 7 come i giornali del giorno precedente annunciavano. Senonché, egregio signor Tazio, vidi ad un dato momento la sua simpatica figura al volante di una Ferrari senza cofano. Lo vidi ancor più dal suo stile nell’infilare i 90. Su tutti i corridori che sono passati davanti ai miei occhi lei, lei solo, è stato il migliore. Sì, ce ne sono stati di bravi, ma se invece di fare il modesto riparatore di automobili fossi stato un professore di università e avessi dovuto giudicare gli esaminandi, avrei concepito per lei un 30 con lode mentre per gli altri avrei dato da 16 a 24. Robur Peruzzi. Roma.