Volkswagen – Transporter e Caravelle, primo contatto
Non sarà come il passaggio dalla terza alla quarta generazione nel 1990, con l’addio al motore e alla trazione posteriore e la conversione al tutt’avanti, ma l’arrivo del settimo Volkswagen Transporter appare comunque un capitolo fondamentale per il veicolo commerciale medio tedesco. Per la prima volta, il modello adotta la stessa piattaforma, buona parte della carrozzeria e la meccanica di un altro prodotto, il Ford Transit Custom. Poi, il Transporter T7 subentra a un terzetto di modelli T5/T6/T6.1 sviluppati nel corso di vent’anni su un’unica architettura: con li suo arrivo, l’età media dei modelli del segmento dei furgoni da una tonnellata di portata (gli Stellantis come il Fiat Scudo o l’Opel Vivaro, il Mercedes-Benz Vito, il Renault Trafic ecc) scende da 16 a meno di 12 anni. Infine, la gamma si concentra sullo stesso Transporter e sul Caravelle per servizi professionali di trasporto persone; i modelli per il tempo libero o il camping come il Multivan o il California adottano (già dal 2021 e da pochi mesi, rispettivamente) la piattaforma MQB condivisa con la maggior parte dei veicoli dell’intero gruppo tedesco.
Lo spazio è aumentato. Nell’abitacolo, lo sguardo si posa su pannelli porta, volante e relativi comandi, parte superiore della plancia, grafiche della strumentazione digitale e dell’infotainment tutti tipicamente Volkswagen, inseriti in una cornice che rivela analogie con il cugino Ford. La posizione di guida è un poco più bassa e distesa rispetto al T6.1, la visuale buona ma senza arrivare a cogliere il perimetro del frontale. Lo spazio è cresciuto soprattutto in larghezza e anche l’eventuale passeggero centrale non ha di che lamentarsi. Prima di mettere in moto, un’occhiata al vano posteriore (in questo caso di un Transporter a passo corto e di un Caravelle a passo lungo) conferma il progresso in termini di spazio e versatilità: la distanza fra i passaruota sfiora il metro e 40 cm, la lunghezza interna utile per il carico oltrepassa i 2,6 m con l’interasse più compatto e i tre con quello esteso. Il Caravelle conquista, sulla seconda fila di posti, i sedili singoli e gli schienali regolabili, in sostituzione del divano fisso del T6.1.
Ritorno al turbodiesel. Per una volta (e per una valutazione più puntale a parità di alimentazione col T6.1 TDI) lasciamo da parte gli elettrici e-Transporter ed e-Caravelle (che abbiamo comunque guidato e che si sono rivelati molto gradevoli) e puntiamo su un Transporter T7 furgone corto 2.0 TDI da 170 cavalli con cambio automatico a 8 rapporti (41.180 euro Iva esclusa, la gamma parte da 34.940 con lo stesso 4 cilindri in versione da 110 CV e il cambio manuale a 6 marce). Di motore, come suggerisce anche la coppia di 390 Nm, ce n’è a sufficienza. Il turbodiesel nato Ford sa essere veemente e l’8 marce può accompagnarlo senza problemi ben oltre i limiti di velocità e buon senso. La rumorosità è contenuta e contribuisce a un confort generale elevato, grazie anche alle buone doti di assorbimento delle sospensioni. Probabilmente a causa della rapportatura lunga, il freno motore è sembrato un po’ carente; né si può fare molto affidamento su rapide scalate, visto che l’utilizzo manuale è affidato alla rotazione dell’estremità della leva del cambio a destra del volante, meno pratica di un paio di paddle dietro alle razze. Lo sterzo è leggero e diretto, ma lontano dall’equilibrio fra consistenza del comando e prontezza nelle correzioni di traiettoria del T6.1. Insomma, un comportamento sano, ma senza quell’attenzione alle sfumature della guida cui ci avevano abituato i progenitori.