Porsche Macan – Al volante dell’ultima serie endotermica

Mi trovo in Norvegia, per la precisione sulle incantevoli Isole Lofoten. E fra le tante cose che mi affascinano di questo paese, una di queste è la gestione dell’energia. La Norvegia è il principale produttore di petrolio dell’Europa occidentale, ma la quasi totalità dell’energia elettrica arriva dalle rinnovabili. Manco a dirlo, è anche l’unico posto al mondo dove si vendono più macchine elettriche che termiche.

Le batterie possono attendere. Penso a questo, perché sto provando una vettura che doveva essere a batteria ed invece ha ancora potenti motori turbobenzina dentro il cofano. Mi spiego: ricordate l’annuncio di Porsche di qualche tempo fa in cui si diceva che la futura generazione della Macan sarebbe stata soltanto elettrica? Ebbene, così effettivamente sarà, i collaudi su strada sono già iniziati e il futuro modello basato sulla piattaforma PPE (Premium, Platform Electric, sviluppata da Audi e Porsche) arriverà sul mercato a inizio 2023. Tuttavia, sarebbe stato azzardato far scomparire da subito una delle Suv di maggior successo di Stoccarda (600.000 unità vendute dal 2014) in favore di un modello totalmente elettrico; d’accordo che il futuro è quello, ma i numeri sono ancora quelli che sono. Pertanto, la Macan riceve un secondo aggiornamento di carriera (dopo quello del 2017) che la porterà a vivere sotto forma termica per almeno altri quattro anni, e quindi condividere parte del suo cammino con la sorella BEV fino al momento in cui uscirà definitivamente di scena.

Gamma riorganizzata. Se la trovate simile al modello finora in vendita, il motivo c’è: le modifiche esteriori e quelle interne sono lievi, perché buona parte della sostanza riguarda la parte meccanica, telaio e propulsori in particolare. La gamma della Macan è ora articolata su tre versioni: base, S e GTS. Con la prima che continua a montare il quattro cilindri 2.0 turbo ma potenziato a 265 cavalli e le altre due che sono spinte dal V6 2.9 biturbo dotato, rispettivamente, di 380 e 440 cavalli. Di fatto sulla S scompare il precedente 3 litri V6, che tra l’altro era meno potente (di 26 cavalli), e la GTS diventa il nuovo modello top di gamma, con la stessa potenza della uscente Macan Turbo.

Mani sul volante. Decido di partire per gradi e mi metto al volante della Macan base, anche perché non avevo mai avuto modo di provare questa Porsche con il 2 litri turbo. Giro la chiave d’accensione e fatico ad avvertire il suono del 4 cilindri, tant’è silenzioso. Ma prima di mettere in D il Pdk a 7 marce (unico cambio per tutte) do un’occhiata in giro: la nuova console centrale si presenta bene, la superficie nera laccata con tasti a sfioramento rende l’insieme più pulito e ordinato. Ammetto di non essere un grande sostenitore dei pulsanti touch, perché non restituiscono un feedback accurato quanto quello dei tasti fisici, ma in questo senso Porsche ha fatto un buon lavoro: c’è il feedback aptico, perciò dito e udito percepiscono un responso, e per gestire la climatizzazione hanno lasciato due levette, che ben si integrano nell’insieme e con cui puoi agire a colpo sicuro. Impugno il volante, lo stesso che dalla 911 in poi adottano tutti i modelli più recenti, e ci sono una buona notizia e una cattiva: quella buona è che il volante è bello da vedere e pratico da usare, con il pomello che consente di passare da una modalità di guida all’altra con grande rapidità; quella cattiva è che, curiosamente, c’è pochissimo spazio per le dita fra i paddle e i devioluci e deviotergi; se si intende usare il cambio manualmente, c’è il rischio di azionarli senza volere.

Prestazioni soddisfacenti. Detto della silenziosità del 4 cilindri 2 litri, che ha guadagnato 20 cavalli, 30 Nm e una ripulita generale (pressione di iniezione aumentata a 350 bar, distribuzione rivista, pistoni con nuove fasce elastiche), questo turbobenzina sposta con dignità la Macan. L’erogazione è lineare, spinge bene sotto e allunga con una certa disinvoltura, senza sconfinare nella sportività pura. I numeri lo confermano (232 km/h, 0-100 in 6,2 secondi) e il rendimento generale, per chi fosse spaventato dalle dimensioni relativamente piccole del motore, è soddisfacente.

GTS, un’altra musica. Certo, tutt’altra storia con il 2.9 V6, a cominciare dal suono all’altezza del prestigio del marchio per finire con la pastosità che soltanto un plurifrazionato può regalare. Già sulla S da 380 cavalli e 530 Nm ce n’è a sufficienza per godere, ma sulla GTS in particolare la musica ha tutto un altro ritmo. E non mi riferisco unicamente ai sessanta cavalli in più, per un totale di 440 (per uno 0-100 in 4,5 secondi, che scende di 2 decimi con il pacchetto Sport Chrono, e 272 km/h di punta massima), ma alla cura riservata al telaio. Comune a tutta la gamma Macan sono una rivisitazione della taratura degli ammortizzatori e miglioramenti al software dello sterzo elettrico. Alla GTS è invece riservato un set up specifico che prevede le pneumatiche Pasm con ammortizzatori più rigidi (del 10% davanti e del 15% dietro), barre antirollio maggiorate e il telaio ribassato di 10 mm. In più, quella che sto guidando monta l’opzionale pacchetto GTS Sport che aggiunge lo Sport Chrono, i pneumatici sportivi (Pirelli PZero Corsa) e il Porsche Torque Vectoring Plus, ossia il bloccaggio del differenziale a controllo elettronico per gestire la coppia fra le ruote posteriori.

Non sembra di guidare una sport utility. Il risultato è una Suv che, da guidare, non sembra una Suv. Da sempre la Macan si distingue per la sua piacevolezza fra le curve, con una compostezza e una precisione di movimenti che, appunto, è più vicina a quella di una vettura bassa che non a una sport utility. Se a questo si aggiunge la bravura dei tecnici Porsche quando si tratta di fare fine tuning, ossia migliorare qua e là le componenti tecniche per esaltare ancor di più le qualità di base, ecco che il risultato finale è da lode. Già ordinabili, le nuove Macan attaccano dai 66.293 euro della versione base per culminare coi 92.431 euro della GTS, con in mezzo il modello S proposto a 75.403 euro.