Caro energia – Una follia dei mercati che durerà mesi
Che cosa sta succedendo ai prezzi del gas, del metano e, in generale, dell’energia? Sentire parlare gli addetti ai lavori di follia dei mercati e di situazione mai vista è sconcertante. Eppure, è così: a confermarlo, in questa intervista, è Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, il think tank in materia energetica con cui Quattroruote collabora da tempo.
Intorno al mondo dell’auto sta succedendo di tutto, dalla forzatura sull’elettrico alla crisi dei microchip: ci mancava la crisi dei mercati energetici
Siamo ingolfati, inceppati: la pandemia è stata un disastro delle cui implicazioni economiche forse non ci siamo resi pienamente conto. Adesso, la ripresa è caotica in tutte le filiere e il caos riguarda un po’ tutte le fonti di energia: il gas, il carbone, l’elettricità e, in parte, i meccanismi inerenti la CO2. Al contrario e questa è un’altra stranezza il petrolio naviga in acque più tranquille: il suo prezzo è un po’ aumentato, l’Opec ha accresciuto leggermente la produzione giornaliera, le scorte non mancano e il valore oscilla intorno agli 80 dollari, come nel 2018. Il carbone, invece, in questi giorni ha toccato i 250 dollari a tonnellata, superando i massimi raggiunti nel luglio del 2008, quando il petrolio viaggiava intorno ai 140 dollari e la benzina toccava 1,9 euro al litro. Il mio timore è che, nella situazione attuale, qualcosa del genere possa accadere anche per il barile di petrolio: non è escluso, vista la follia che sta riguardando il gas e, di conseguenza, l’elettricità.
Ma perché sta succedendo tutto questo?
I primi termini che vengono in mente sono follia, impazzimento, fenomeno inspiegabile In realtà, è in corso quello che i teorici dell’economia industriale chiamano il fallimento del mercato: quando hai un prezzo del gas che passa da una media di 12 nel 2020 agli attuali 110 euro per megawattora, quando pensavamo che 40 o 50 fossero già insostenibili, ti trovi di fronte a qualcosa di paragonabile a un costo del barile di petrolio di 250 dollari e della benzina di 2 euro e 50 al litro. Ma se così fosse, avremmo dei titoli giganteschi sui giornali e una rabbia diffusa tra la popolazione
Sembra che la percezione di questi rincari sia, invece, meno immediata e che generi minore allarme sociale Torniamo, però, alle ragioni di questo fallimento del mercato: che cosa lo determina?
Problemi strutturali: c’è carenza di gas in tutto il mondo, le scorte sono basse alla vigilia dell’inverno (1/3 inferiori alla normalità), ci sono difficoltà da parte della Russia, che è il nostro principale fornitore di gas e non lo consegna regolarmente, sia perché vuole fare pressioni sulla realizzazione del gasdotto Nord Stream2, sia perché incontra delle criticità tecniche, che costituiscono la cosa più preoccupante (incendi, incidenti). La Russia sta aumentando la produzione di petrolio e dispone di riserve enormi di gas: come fornitore è stata affidabile per mezzo secolo, quindi è strano che oggi impieghi il gas come leva politica. Poi c’è la Cina, che soffre di carenza di carbone, è costretta a programmare dei black out e, per evitarne di peggiori, fa incetta di tutto il gas liquefatto che trova e che, ogni tanto, in precedenza arrivava anche in Europa. Dove, invece, la produzione di gas, sia quella olandese, sia l’italiana, è in calo ormai da anni. Noi disporremmo di grandissime riserve di gas e non riuscire a sfruttarle per ragioni di sostenibilità ambientale degli impianti è assurdo: ci costerebbe 2 euro al megawattora, contro i 110 che si sono visti sui mercati. Ciò dà un’idea della follia economica del nostro Paese, ma anche dell’ingiustizia nei confronti delle persone che non dispongono di un reddito sufficiente, quando le nostre imprese sarebbero perfettamente in grado di realizzare tali impianti senza mettere a repentaglio l’ambiente.
C’è anche il tema del rincaro dei prezzi dei permessi di emissioni della CO2 da parte delle centrali elettriche a gas o carbone
che sono esplosi, triplicati: l’Europa ha fissato l’obbiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030, che definire ambizioso è un eufemismo, tanto che nei documenti ufficiali si parla di 100 euro per tonnellata di CO2, contro la precedente media di 25 e gli attuali 60. Non è strano, quindi, che siano già schizzati verso l’alto.
Insomma, il mix di elementi strutturali e congiunturali è esplosivo.
Esattamente: aggiungiamo al quadro la ripresa economica, le previsioni di un inverno che sarà freddo, la grande disponibilità di liquidità per investimenti, l’esposizione eccessiva di alcuni grandi trader. Ogni mercato che aumenta da 10 a 100 nel giro di pochi mesi è un mercato che ha problemi di efficienza e che non è regolato, anche nei casi di eccesso di rialzo che richiederebbero limitazioni. La Commissione Europea si riunirà il 21 ottobre prossimo per decidere qualcosa al proposito, ma intanto le bollette sono esplose e lo Stato italiano ha dovuto stanziare 3 miliardi di euro. Che, peraltro, sono serviti a poco.
Quanto potrà durare, questa situazione?
I mercati finanziari prevedono prezzi dimezzati nei prossimi trimestri, per il gas intorno ai 40 euro per megawattora e ai 25 euro nel il 2023, quindi le cose dovrebbero, almeno in parte, migliorare in primavera. Ma, come abbiamo visto in altre situazioni, questi mercati continuano a salire, col crescere della domanda mondiale di energia. In ogni caso, quello che sta succedendo ora, sia per il gas sia per l’elettricità, è gravissimo, perché lascia una cicatrice: il pensiero che fenomeni del genere possano capitare nuovamente, in assenza di strutture di gestione e controllo. Una cosa della quale bisognerà tenere conto in futuro.