Case straniere in Russia – All’ombra di Putin

L’invasione dell’Ucraina ha spinto i Paesi occidentali a varare diverse misure per colpire l’economia russa. Le sanzioni messe in atto dall’Unione europea, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, colpiscono per lo più banche, oligarchi vicini al presidente Vladimir Putin, forniture tecnologiche e altro ancora. L’obiettivo è creare danni all’economia russa e ai principali attori economici. Tra questi, figurano anche diversi produttori automobilistici esteri, a partire dalla Renault. La Losanga è tra le più esposte al mercato russo perché controlla la AvtoVaz e, di conseguenza, lo storico marchio Lada. I francesi non sono, però, i soli a contare su una presenza, produttiva e commerciale in Russia.  il caso, dunque, di vedere chi ha attività manifatturiere all’interno del Paese un tempo parte dell’Urss.

Renault. Partiamo proprio dal costruttore guidato da Luca de Meo. Dal 2012, il gruppo transalpino controlla il 67,61% dell’ AvtoVaz, azienda nata nel 1966 grazie a uno storico accordo di collaborazione industriale sottoscritto dall’allora Fiat con l’Unione Sovietica. La sua forza sta nella commercializzazione di modelli a marchio Lada, tradizionale leader del mercato russo: l’anno scorso ha venduto oltre 350 mila veicoli, raggiungendo una quota intorno al 21%. Tuttavia, l’AvtoVaz commercializza e produce anche veicoli a marchio Renault, Nissan e Datsun, contando su due stabilimenti. Il più famoso si trova a Togliatti, città a circa mille chilometri da Mosca, che deve il suo nome a Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista italiano dal 1927 al 1964, e la sua fama proprio allo stabilimento creato grazie al contributo della Fiat guidata da Vittorio Valletta. Il secondo impianto si trova a Ievsk, non lontano dai monti Urali.

Volkswagen. Di particolare rilevanza sono anche le attività manifatturiere del gruppo Volkswagen. Il costruttore di Wolfsburg produce motori e tre modelli (Skoda Rapid, Vw Polo e Tiguan) a Kaluga, circa 180 chilometri a sud di Mosca. Inoltre, i tedeschi hanno in essere un contratto di produzione con la russa Gaz per assemblare modelli Skoda a Ninij Novgorod, 400 chilometri a est dalla capitale. 

Stellantis. Sempre a Kaluga, considerata il principale centro produttivo del settore automobilistico in Russia, si trovano stabilimenti di grandi fornitori come Magna e Continental, nonché un impianto gestito da una joint venture avviata dalla PSA (oggi Stellantis) e dalla Mitsubishi nel 2008. La fabbrica sforna furgoni Peugeot, Opel e  Citroën e ha una capacità produttiva di 125 mila unità l’anno. Poche settimane fa, il gruppo guidato da Carlos Tavares ha annunciato l’intenzione di rendere Kaluga un polo per la produzione di motori e veicoli da esportare in Europa, Africa e America Latina, ma ora la situazione è totalmente cambiata. Lo stesso Tavares si è detto pronto a spostare o limitare le produzioni in Russia in caso di conseguenze negative prodotte dalle sanzioni occidentali. In ogni caso, il mercato russo rimane marginale per Stellantis.

Mercedes e BMW. Ulteriori produzioni di matrice tedesca fanno riferimento alla Mercedes e alla BMW. La Casa di Stoccarda possiede un impianto nell’hinterland moscovita: dalle sue linee escono diversi modelli, tra cui la Classe E, ma i volumi sono comunque limitati (la capacità non supera le 25 mila unità).  saltata, invece, la collaborazione con la Gaz per la produzione del furgone Sprinter, mentre la BMW ha cancellato il suo progetto per l’apertura di una fabbrica nella regione di Kaliningrad. Nell’area opera comunque la Avtotor: grazie a kit di pre-assemblaggio, produce le Serie 5 e le X5 , X6 e X7. L’azienda russa costruisce mezzi anche per conto della Hyundai e della Kia.

Chi ha detto addio. Del resto, le recenti difficoltà del mercato e non poche problematiche, alcune legate alle continue tensioni geopolitiche tra il Cremlino e l’Occidente, hanno spinto diversi costruttori a chiudere impianti o ad abbandonare progetti di localizzazione. Emblematico il caso dell’ex Fiat: per anni alla ricerca di un sito adatto per assemblare veicoli in Russia ma sempre bloccata da fattori negativi, a partire dal crollo della domanda registrato dal 2013 in poi. Nel 2019 arriva la decisione della Ford di fermare buona parte delle sue attività produttive in Russia: l’Ovale Blu ha chiuso due impianti di assemblaggio a Naberezhnye Chelny e San Pietroburgo e una fabbrica di motori a Elabuga. Un quarto impianto, sempre a Elabuga e dedicato ai furgoni della famiglia Transit, è passato sotto il controllo della Sollers. Nel 2015, era toccato alla General Motors dire addio al mercato russo con la chiusura di uno stabilimento a San Pietroburgo dedicato alla produzione di modelli Opel e Chevrolet.

I numeri del mercato. L’addio delle Case estere ha una logica di mercato ben precisa: il trend positivo delle vendite, il basso livello di motorizzazione, la necessità di rinnovo di un parco circolante troppo vecchio, lo sviluppo economico e la cresita della popolazione hanno spinto molti costruttori a presagire un futuro roseo per il mercato russo, ma la realtà dei fatti si è rivelata lontana dalle aspettative. Nel 2021, le vendite di auto e veicoli commerciali leggeri sono cresciute del 4,3%, fermandosi poco sotto gli 1,7 milioni, un dato ben lontano dal picco dei 2,9 milioni raggiunto nel 2012 e mai più toccato a causa della lunga crisi iniziata nel 2013. Numeri che non fanno gola alle Case occidentali, ma che attirano altri costruttori.  il caso del gruppo Hyundai/Kia: dopo aver aperto nel 2010 un impianto a San Pietroburgo, i coreani hanno anche acquistato la fabbrica sulle rive del Baltico abbandonata da GM. Il mercato russo è finito anche nel mirino dei cinesi della Great Wall Motor, che a Tula producono Suv del marchio Haval. Sempre a a San Pietroburgo è presente la Toyota con uno stabilimento per l’assemblaggio della Camry e della Rav4.