Dakar 2022 – Sfida fra tecnologie

Ha un sapore speciale, l’edizione 2022 della Dakar, in programma in Arabia Saudita dal 1 al 14 gennaio su un percorso di 8 mila chilometri, circa la metà dei quali di prove cronometrate. Speciale perché vedrà scendere in lizza vetture con tecnologie diverse (con l’introduzione da parte dell’Audi della trazione elettrica, pure in una formulazione ibrida), impegnate in una sfida che asseconda i trend più recenti, anche se ormai consolidati, della mobilità. Era inevitabile, del resto, che il motorsport, anche se in queste forme più estreme, dovesse iniziare a rinnovarsi.
Lo squadrone d’Ingolstadt.
L’Audi ha fatto le cose in grande, per celebrare il rientro del gruppo Volkswagen nel mondo dei rally raid dopo l’esperienza (vincente) con la Touareg. Ha scelto la strada più difficile, quella dell’innovazione tecnologica spinta, per coerenza con le scelte industriali dell’azienda, e si è procurata il meglio, a livello di risorse umane, disponibile nel settore. A gestire la sua squadra di Bev con rage extender (il team Q Motorsport) ha chiamato Sven Quandt, assistito dai figli Thomas e Tobias. A parte la curiosità di un membro della famiglia Quandt, storicamente proprietaria della BMW, al vertice di una struttura della rivale Audi, Sven è un dakariano di grandissima esperienza: ha vinto nel 1998 la Marathon Cup nella classe T1, poi ha diretto la squadra Mitsubishi, infine ha fondato il team X-raid che, con le Mini, si è aggiudicato cinque successi alla Dakar e undici coppe del mondo Rally raid Fia. Sul versante dei piloti, lo sforzo non è stato da meno, visto che il dream team tedesco si avvarrà nientemeno che di Stéphan Peterhansel (55 anni, 14 vittorie alla Dakar, delle quali sei in moto), Carlos Sainz (59 anni, due titoli mondiali rally e tre successi alla Dakar) e Mattias Ekström (42 anni, campione del mondo di rallycross nel 2016, due volte primo nel Dtm e oggi anche driver della Cupra nella Extreme E full electric). La loro sfida consisterà innanzitutto nel portare al traguardo (e, magari, ottenere anche un buon risultato) un oggetto che si presenta di grande complessità tecnologica: la RS Q e-tron è infatti dotata di tre motogeneratori elettrici, derivati da quelli della Formula E (categoria ora abbandonata dalla Casa), due dei quali, in corrispondenza di ogni assale e destinati alla trazione, e uno utilizzato per ricaricare le batterie in fase di rallentamento. A essi si aggiunge un propulsore termico (derivato dal 4 cilindri Tfsi nella versione impiegata nel Dtm), utilizzato come generatore per caricare la batteria (da 50 kWh e con peso di 370 kg) quando la vettura è in marcia. La potenza complessiva del sistema è di 680 CV.

Toyota tradizionale. A fronte di una vettura così innovativa la Toyota torna invece all’assalto della Dakar con dei più tradizionali pick-up Hilux. Che, però, lo sono solo nel propulsore, ché l’arma del team sudafricano che la porta in gara è, quest’anno, comunque cambiata profondamente. Sfruttando le novità tecniche concesse alla categoria regina della gara, la T1+, ora il DKR Hilux monta pneumatici da 37, che dovrebbero ridurre il rischio di forature, molto penalizzanti nella scorsa edizione; ciò ha comportato una profonda revisione delle sospensioni, la cui escursione è ora di 350 mm, contro i precedenti 280. Inedito anche il motore: al posto del V8 Lexus usato in precedenza, ora è il turno di un V6 biturbo derivato da quello della Land Cruiser, in grado di erogare poco più di 400 CV con 660 Nm di coppia. Pilota di punta è Nasser al-Attiyah, già vincitore di tre Dakar con altrettante macchine diverse: lo affiancheranno Giniel de Villers, Henk Lategan e Shameer Variawa, su altrettante vetture.

L’outsider. Sul piano dei piloti, in verità, la Prodrive ha poco da invidiare alle altre squadre: basti pensare che i tre buggy del team BRX (Bahrain Raid Xtreme) saranno affidati a Sébastien Loeb (nove titoli mondiali rally), Nani Roma (due successi alla Dakar, uno in moto e uno in auto) e Orlando Terranova. La vettura, battezzata Hunter e alimentata con biofuel derivato dagli scarti di attività agricole, è spinta da un V6 biturbo di 3.5 litri con 400 CV e 700 Nm di potenza, montato in posizione anteriore arretrata; la trazione è integrale con tre differenziali, il cambio sequenziale a 6 marce, il telaio tubolare è rivestito da una carrozzeria di fibra di carbonio e materiali compositi. Anche la vettura del team di David Richards beneficia delle novità regolamentari, quindi adotta quest’anno pneumatici da 37 su cerchi da 17 (al posto dei precedenti da 32 su cerchi da 16). Debuttante lo scorso anno, la squadra ha ora più esperienza e maggiori ambizioni di sfidare le rivali, a partire soprattutto dalle Toyota.

Le Mini. Il team X-raid, vincitore con le Mini (anche in versione buggy) di 5 edizioni della Dakar (con piloti come Peterhansel, Roma, al-Attiyah e Sainz), ha sicuramente ora meno opportunità di successo, anche se, in una gara come questa, non si può mai dire. I buggy, a loro volta aggiornati, saranno affidati al polacco Jakub Przygonski, al russo Denis Krotov e all’argentino Sebastian Hakpern; con una Mini JCW Rally sarà in lizza invece il saudita Yasir Seaidan, mentre Laia Sanz, eroina spagnola delle due ruote, passerà al volante di una Mini ALL4 Racing e sarà affiancata dall’italiano Maurizio Gerini. Con una propria squadra, infine, scenderà in lizza alla guida di un’altra Mini JCW Rally il rallista lituano Vaidotas Zala, vincitore di una tappa nel 2020.