Guida autonoma – Studio Usa: “Ai semafori serviranno quattro luci, una per gli umani”

La guida autonoma (sempre che diventi realtà) potrebbe rivoluzionare anche la cosa che più di tutte abbiamo dato per scontata fino a oggi: le tre luci dei semafori. A prevederlo è uno studio della North Carolina State University, che ha applicato il concetto di calcolo distributivo alla gestione del traffico, immaginando un futuro dove i guidatori dovranno sottostare alle decisioni degli algoritmi. Il progetto è noto come White Paper Phase.

Una quarta luce per automatizzare l’incrocio. In sostanza, gli studiosi hanno immaginato una futura condizione di traffico in cui la maggioranza dei veicoli si muoverà grazie alla gestione dei computer, con una percentuale inferiore di vetture ancora condotta da esseri umani. In questo contesto l’uso dei semafori sarebbe fortemente limitante: le auto potrebbero coordinarsi tra loro per poter accelerare i flussi, ridurre gli ingorghi e abbassare consumi ed emissioni senza rischio di incidenti. A farne le spese sarebbero però i guidatori umani, a cui verrebbe quindi dedicata una quarta luce del semaforo (bianca nelle simulazione già effettuate) che indica a loro di seguire la vettura di fronte, replicandone il comportamento. In sostanza, il semaforo si comporterebbe come un sistema classico con il rosso, il giallo e il verde, ma in presenza di un numero elevato di veicoli a guida autonoma passerebbe alla modalità bianca attivando la comunicazione tra le auto stesse per il calcolo del comportamento più efficiente possibile.

I (presunti) benefici per il traffico. Nelle simulazioni virtuali condotte con questa metodologia, a sua volta derivata da un primo prototipo del 2020 basato su un un computer centrale più lento, i tempi di percorrenza degli incroci si sono ridotti del 3% in presenza di un 10% di veicoli a guida autonoma. Portando la percentuale di vetture guidate dai chip al 30%, la percentuale di miglioramento supera il 10. Per attuare questo progetto, sia le auto sia le infrastrutture necessiterebbero di modifiche dal costo non indifferente e per questo motivo l’ipotesi più probabile è quella di una prima applicazione in ambito commerciale e in ambienti dal perimetro chiuso, per esempio nei porti.