Leonardo Fioravanti – Un decano del design con lenergia creativa di un ragazzo

Leonardo Fioravanti è uno di quei ragazzi d’oro del design italiano che quest’anno compiono 85 anni. in buona compagnia: del fantastico poker d’assi fanno parte anche Giorgetto Giugiaro, Marcello Gandini ed Ercole Spada. Insomma, i fantastici quattro, o, se ai fumetti della Marvel preferite la musica, i Fab Four. Di questo quartetto d’eccezione Fioravanti è quello che li festeggia prima, il 31 gennaio. Perciò a lui dedichiamo un profilo, per quanto il papà di tante Ferrari che hanno fatto la storia non abbia certo bisogno di presentazioni. 

Personalità complessa. Per tutti Fioravanti è uno dei grandi maestri del design del nostro tempo. Poi per qualcuno è anche un ingegnere, che non è semplicemente il suo titolo di studio (il quale gli regala un’altissima competenza tecnica), bensì una disposizione dell’animo che si porta dietro aggettivi come preciso, pignolo, perfezionista. Per altri è uno che ha fatto molte cose, portando a casa ottimi risultati in tutte, e non ha quasi mai perduto l’occasione per ricordarli. Per altri ancora un uomo colto, che occasionalmente si fa cattedratico. Per chi scrive, e che ha avuto la fortuna professionale di incrociarlo molte volte e la presunzione di conoscerlo un po’, è soprattutto uomo di raffinata intelligenza, sempre lucidissimo nelle sue analisi. Anche ora che di primavere ne ha messe in fila, appunto, 85.

Malato di automobili. Dunque, ingegnere, designer, ma anche pilota amatoriale, Fioravanti è un gar guy a tutto tondo, un malato di automobili come si definisce lui stesso nel suo libro Il Cavallino nel cuore. Aggiungiamo noi che, in quanto malato di automobili, è sempre stato vicino a Quattroruote: bazzicava la redazione, per dare una mano, anche nelle mansioni più umili, quando era un ragazzo sconosciuto, e ha continuato a frequentarla – magari a distanza, tramite un’opinione, un intervento colto, un’intervista – anche quando era già Leonardo Fioravanti. Una stima reciproca che ha resistito inossidabile attraverso diverse ere dell’automotive, inclusa l’ultima, quella elettrica, della quale il designer milanese è, dal punto di vista tecnico, un sostenitore – “Un motore che ruota, anziché uno che va su e giù, è il modo più naturale ed efficiente di trasmettere il moto a ruote che…rotolano”, ama dire – , pur vedendo una serie di problemi collaterali, di natura prevalentemente sociale (potenziale riduzione dei posti di lavoro, soprattutto nella componentistica), che a suo avviso andrebbero affrontati con tempestività.

Chi più ne ha più ne brevetti. Fioravanti ha sempre visto il design nella sua accezione più piena e profonda, vale a dire come strumento per fornire soluzioni ai bisogni dell’uomo. Non cioè come semplice espressione estetica, bensì come la traduzione estetica di idee funzionali. Infatti, ha brevettato tantissimo e continua a farlo anche oggi (in attesa di registrazione definitiva una soluzione progettuale per la generazione e trasmissione di energia elettrica dalle ruote alla strada). E se il suo periodo alla Pininfarina (dove ha anche ricoperto i ruoli di amministratore delegato e direttore generale della divisione Studi e Ricerche), ha visto nascere leggendarie sportive, soprattutto a marchio Ferrari (dove approderà nel 1988 come vice-direttore generale), l’epoca successiva, quella dell’avventura imprenditoriale in proprio con la Fioravanti, atelier di design nel cuore di Torino, è stata feconda di trovate ingegneristiche interessanti, originali, innovative (basti ricordare l’Alfa Romeo Vola, il cui meccanismo brevettato di apertura ruotante del tettuccio si ritrova in produzione con la Ferrari 575 Superamerica). Alcune, del resto, rimangono tuttora di grande attualità: come quella che prevedeva diverse componenti dell’auto, tra cui portiere e portellone, simmetriche e intercambiabili tematica esplorata in due occasioni, con la Fiat Nyce, nel 1996, e poi con la Fioravanti Tris, nel 2000 e che oggi ritroviamo alla base della filosofia costruttiva di veicoli come la Citroen Ami (e, in parte, la Honda e) per ridurre i costi degli stampi. 

Il car design, Platone e la verità. Una volta, in occasione di un intervento al master di design Meet the Masters of Italian car design, organizzato da Quattroruote nel 2015, diede egli stesso una definizione efficace di come intendeva il proprio lavoro, scomodando addirittura la filosofia greca: Non sapevo bene come descrivere sinteticamente la bellezza, e quindi anche il mestiere del car designer, finché mi è tornata in mente una frase di Platone: la bellezza è lo splendore della verità. Come a dire, il design è tanto più bello quanto più è vero, cioè quanto più risponde alla sua funzione. Ogni altro modo di intenderlo è terribilmente riduttivo. Questo approccio ha portato Fioravanti a esplorare anche terreni poco battuti, con risultati che magari non sempre hanno suscitato consensi unanimi sul piano estetico, ma che sempre avevano qualcosa di rilevante, per qualche soluzione ingegnosa, fosse di natura pratica o aerodinamica. Quest’ultima è sempre stata la grande passione di Leonardo, già da giovane studente del Poli di Milano, poi riflessa in tante sue realizzazioni, dalla Sensiva (1994) ibrida con motori elettrici nelle ruote e un propulsore a turbina, nonché dotata di un sistema di monitoraggio dell’aderenza dei pneumatici il cui brevetto è stato formalmente citato a livello globale in altre 89 applicazioni in qualche modo collegate a quell’idea e acquistato dalla Pirelli per le sue gomme “intelligenti” Cyber Tyres alla Flair (1996 su base Fiat Bravo!) o all’affascinante LF 100 (1998). Tutte concept, ma i flussi dell’aria giocavano un ruolo importante anche in auto di piccola serie, come la LF-A (500 esemplari dal 2010 al 2012), supercar disegnata per la Lexus e che oggi ha raggiunto quotazioni a sei zeri.

La macchina del tempo. Alla fine, per tirare un bilancio (del tutto provvisorio, s’intende, ché la creatività del nostro è tutt’altro che esaurita), possiamo dire che tutta questa ricerca tecnica e ingegneristica ha prodotto non modelli asetticamente efficienti e funzionali, bensì capolavori di straordinaria sensualità. Resteranno per sempre nella storia la eterna bellezza di una 308 GTB o la fulminante modernità di una 365 GTB/4 Daytona. Quest’ultima doveva prendere il posto della 275 GTB del 1964, una delle Ferrari più belle di sempre, che si portava dietro tutto l’heritage dell’età dell’oro del design italiano. La Daytona, uscita nel 1968, fu una macchina del tempo: senza tradire nulla delle proporzioni che avevano fatto grande la sua progenitrice, con la cabina arretrata e il cofano lungo, tuttavia nel trattamento delle superfici e in quel fascione di plexiglas che prendeva tutta la larghezza del muso inglobando i fari polverizzò in un battito di ciglia lo zero-cento verso il futuro. Gigantesca. La macchina e chi l’ha disegnata. E allora buon compleanno, Leonardo. Come si suol dire, cento di questi giorni. A te. E al mondo dell’automobile.