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Automotive – Dai conti trimestrali delle Case tante luci e qualche ombra

Il settore automobilistico globale è nel pieno della ripresa: lo dimostrano i segnali emersi con la stagione delle trimestrali dei maggiori costruttori al mondo. Alle tante luci si contrappongono, però, una serie di ombre, che preoccupano in vista dei prossimi mesi. A partire dalla continua e ancora irrisolta crisi dei chip, che rischia di produrre danni consistenti prolungati nel tempo: nelle ultime settimane, infatti, qualcuno si è spinto a pronosticarne la fine non prima del 2023. In ogni caso, il secondo trimestre dell’anno ha mostrato performance brillanti un po’ per tutti i primi dieci costruttori mondiali, che hanno superato quasi in scioltezza la carenza di componenti ormai cruciali e beneficiato anche del favorevole confronto con il corrispondente periodo dell’anno scorso, fortemente penalizzato dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria. 

Il gruppo Toyota. Molte Case sono già tornate ai livelli pre-covid, mettendo a segno risultati record, soprattutto sul fronte della redditività, a dimostrazione di come i piani di razionalizzazione ed efficientamento messi in atto l’anno scorso abbiano determinato benefici di ampio respiro: è il caso, per esempio, del gruppo Toyota, maggior produttore al mondo nel 2020 davanti Volkswagen. Tra aprile e giugno (primo trimestre dell’esercizio fiscale al 31 marzo 2022), il costruttore giapponese ha messo a segno ricavi e utili record, grazie proprio al controllo dei costi e al solido aumento delle vendite, salite del 49% a 2,76 milioni di unità. Il fatturato è balzato del 72% a 7.940 miliardi di yen (61,3 miliardi di euro), l’utile operativo è passato da 13,9 miliardi a 997,4 miliardi (7,7 miliardi di euro), per un margine migliorato dallo 0,3% al 12,6%, e l’utile netto è quintuplicato fino a 898 miliardi (6,9 miliardi di euro). 

Volkswagen. I giapponesi hanno preferito non rivedere le proprie prospettive finanziarie annuali per tenere conto delle attuali incertezze legate al contagio da coronavirus e alla carenza di semiconduttori. Al contrario, il gruppo Volkswagen ha deciso di alzare le sue stime sull’utile operativo dopo un trimestre di nuovo su livelli pre-pandemia. In particolare, le consegne sono cresciute da 1,99 milioni a 2,55 milioni e i ricavi da 41,08 miliardi a 67,29 miliardi, mentre il risultato operativo è passato da una perdita di 2,39 miliardi a un utile di 6,55 miliardi. Per l’intero 2021 è stata alzata la stima sul margine operativo, dal 5,5/7% al 6/7,5%, e confermata quella sui ricavi, visti in crescita significativa rispetto al 2020, ma a Wolfsburg hanno abbassato la previsione sulle consegne a causa dell’impatto della carenza di semiconduttori e della relativa mancanza di prodotto disponibile per la vendita.

Alleanza e Stellantis. Indicazioni positive sugli scorsi mesi e timori per i prossimi sono giunti anche dai costruttori che, nella top-ten mondiale, si posizionano alle spalle di Toyota e Volkswagen. I tre membri dell’Alleanza franco-nipponica, Renault, Nissan e Mitsubishi, hanno visto un ritorno all’utile nel semestre o nel solo secondo trimestre, e hanno rivisto al rialzo le stime annuali, anche in modo consistente. Allo stesso stempo, però, questi costruttori hanno lanciato un monito riguardo alle incertezze che gravano sul domanda e al perdurare della crisi dei chip, che potrebbe influire sulle performance commerciali e produttive (la sola Renault ha raddoppiato a 200 mila le attese sulle perdite di volumi). Anche Stellantis, dopo un semestre in grande crescita per tutte le principali voci del conto economico, ha alzato i suoi target, anche se solo per quanto riguarda il margine operativo. Tuttavia, il gruppo ha anche dovuto fare i conti con la carenza di semiconduttori, con un assorbimento di cassa che ha annullato le prime sinergie sviluppate dall’integrazione tra le attività della Fiat Chrysler e di PSA. 

General Motors. Anche la General Motors è tornata all’utile nel secondo trimestre: il risultato netto è passato da una perdita di 806 milioni di dollari a un profitto di 2,8 miliardi, mentre i ricavi sono più che raddoppiati, da 16,8 miliardi a 34,2 miliardi. Inoltre, il reddito operativo si è attestato a 4,2 miliardi, contro i 536 milioni persi l’anno scorso. Di conseguenza, a Detroit hanno deciso anche di alzare l’obiettivo di utile da 10/11 miliardi a 13,5 miliardi, nonostante siano previste 100 mila vetture prodotte in meno in Nord America nei prossimi mesi, e malgrado 800 milioni di oneri per richiami.

Hyundai-Kia. In forte crescita sono risultate le performance della Hyundai e della consociata Kia. La prima ha messo a segno il miglior utile trimestrale degli ultimi sette anni con 1.980 miliardi di won (1,3 miliardi di euro circa), a fronte dei 377 miliardi di un anno fa, facendo leva su ricavi saliti del 38,7% a 30.330 miliardi grazie all’aumento delle vendite di Suv e del marchio premium Genesis. Per la Kia, l’utile operativo è balzato da 145,2 miliardi a 1.490 miliardi e i ricavi del 61,3%, a quota 18.340 miliardi. Anche le due società coreane hanno lanciato un chiaro avvertimento sulla crisi dei chip: la carenza di semiconduttori dovrebbe ridursi solo a partire dalla fine del terzo trimestre, anche grazie ai legami più stretti con produttori connazionali. Tuttavia, ci sono altri timori legati al rincaro delle materie prime e al possibile rallentamento della domanda causato da nuove ondate pandemiche. 

Ford. La Ford, invece, non ha fornito nessuna indicazione sulla crisi dei chip: l’amministratore delegato Jim Farley si è limitato a parlare di una situazione “ancora fluida nonostante l’atteso miglioramento delle forniture durante il secondo semestre dell’anno. In ogni caso, a Dearborn temono maggiormente altri fattori negativi, come l’aumento dei prezzi delle materie prime o dei costi di garanzia, ma hanno comunque alzato il target sull’utile operativo di ben 3,5 miliardi di dollari all’intervallo tra 9 e 10 miliardi, dopo un secondo trimestre in grande spolvero nonostante la perdita di 700 mila veicoli per colpa della carenza di semiconduttori e altre componenti critiche: i ricavi sono risultati in crescita del 38%, a 26,8 miliardi, e il reddito operativo è passato da una perdita di 1,9 miliardi a un utile di 1,1 miliardi. 

Honda. Anche la Honda è ritornata in utile tra aprile e giugno grazie a una crescita a doppia cifra del fatturato: a fronte di ricavi in miglioramento di ben il 69%, a 3.584 miliardi di yen, il risultato operativo è passato da una perdita di 113,7 miliardi a un utile di 243,2 miliardi. Anche la Casa giapponese ha rivisto al rialzo il target annuale di utile operativo, del 18% a 780 miliardi di yen (6 miliardi di euro), ma ha espresso cautela massima per i prossimi mesi a causa della crisi dei chip e della nuova ondata pandemica in Asia: perciò ha diminuito da 5 milioni a 4,85 milioni di unità le previsioni di vendita. 

Daimler e BMW. Si sono espresse con cautela anche la Daimler, prossima a scorporare la divisione dei camion e a trasformare la sua denominazione in Mercedes-Benz, e la BMW. Il costruttore di Stoccarda ha chiuso il secondo trimestre con risultati in decisa crescita: i ricavi sono saliti da 30,2 miliardi a 43,5 miliardi, anche grazie ai maggior volumi della divisione automobilistica, l’utile operativo è cresciuto di 5,2 miliardi, contro la perdita di 1,7 miliardi di un anno fa, e l’utile netto è aumentato di 3,7 miliardi (era rosso di 1,9 miliardi nel corrispondente periodo del 2020). Per l’intero 2021, la Daimler prevede ricavi e utile operativo in forte crescita rispetto al 2020, ma la crisi dei chip avrà un impatto sulle vendite di auto Mercedes: i volumi sono previsti in linea con l’anno scorso e non più significativamente superiori. Timori per i prossimi mesi sono stati espressi pure dalla BMW. La Casa bavarese ha messo a segno un trimestre brillante con ricavi in crescita del 43,1%, a 28,6 miliardi, un margine operativo di ben il 20,9% (-1,5% nel 2020) e un utile netto di 4,8 miliardi, contro la perdita di 212 milioni dello stesso periodo del 2020. Inoltre, il solo segmento automotive ha visto il margine operativo passare da un dato negativo del 10,4% a uno positivo del 15,8%: di conseguenza è stata alzata la previsione annuale da un range compreso tra il 6 e l’8% a uno tra il 7 e il 9%. Tuttavia, a Monaco hanno messo in guardia su una situazione sempre più tesa sul fronte delle forniture di semiconduttori, non escludendo impatti consistenti sulla produzione e le vendite. Insomma, il messaggio è chiaro per tutti: la crisi è stata finora superata di slancio, ma i prossimi mesi saranno ancora duri e problematici.