2035 – Stop a diesel e benzina, e-fuel, Euro 7: è ancora stallo a Bruxelles, ecco perché

Lo stallo istituzionale sullo stop alla vendita di auto a benzina e diesel per il 2035 non si sblocca nonostante le aperture della Commissione europea alle richieste di diversi Paesi, a partire dalla Germania, su una deroga per gli e-fuel. Ovviamente, in un contesto di estrema incertezza nulla è da escludere: domani, 23 marzo, inizierà una due giorni di appuntamenti ai massimi livelli delle istituzioni continentali, ma al momento è difficile che dietro l’angolo spunti una soluzione in grado di soddisfare tutte le parti in causa. Bastano gli eventi delle ultime ore per comprendere quanto le posizioni siano ancora lontane.

Il “nein” tedesco. La Commissione europea, con l’intento di superare lo stallo nel più breve tempo possibile, avrebbe presentato una bozza d’accordo in cui si stabilisce la creazione di una nuova categoria di veicoli alimentati esclusivamente con carburanti a emissioni zero e dotati di un sistema che impedirebbe l’utilizzo di altre tipologie di combustibili. Stando alla testata tedesca Der Spiegel, però, Berlino avrebbe risposto già con un secco no alle aperture di Bruxelles. Non si sanno i motivi, ma non è difficile immaginarli visto quanto affermato da un funzionario europeo, secondo il quale la proposta sarà presentata solo dopo l’adozione finale del provvedimento originario. Peccato che sia proprio questo uno degli argomenti al centro della contesa: i tedeschi, per il tramite del ministro dei Trasporti, Volker Wissing, hanno chiesto che nel pacchetto di misure licenziato dalla Commissione e da altri organismi europei venga “esplicitamente” inserita la deroga sugli e-fuel. Quindi, qualsiasi dichiarazione, accordo o altra formalità dovrà essere presentata all’interno del provvedimento e non in una fase successiva o in altro contesto normativo.

Il fronte dei ribelli. Dunque, Berlino non pare proprio voglia cedere neanche di un millimetro. Ecco perché il ministero dei Trasporti tedesco ha parlato di colloqui in corso con la Commissione, ma non ha fornito alcuna indicazione sui tempi per raggiungere un accordo. Al contrario, fino a pochi giorni fa da Berlino e Bruxelles arrivavano manifestazioni di fiducia su un accordo possibile in tempi brevi, il che la dice lunga sull’insistenza tedesca e su una ricomposizione estremamente difficile. Dunque, Berlino continua a mantenere un ruolo da ago della bilancia nelle politiche comunitarie, ma, rispetto ad altri dossier, non sembra trovarsi isolata. Lo stallo istituzionale è stato causato anche dalla contrarietà di un “fronte della ribellione” composto inizialmente anche da Polonia, Bulgaria e Italia e progressivamente sempre più ampio alla luce dell’adesione della Repubblica Ceca, dell’Austria e di altri Paesi ancora non noti.

Il fronte italiano. E proprio l’Italia ha deciso di aprire un nuovo “filone” nella sua battaglia contro la Commissione europea. Ieri, i ministri dei Trasporti, Matteo Salvini, dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e delle Imprese, Adolfo Urso, hanno inviato una lettera a Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea e massimo responsabile del Green Deal, per chiedere di non escludere i biocarburanti. I tre ministri, nel ribadire “la necessità di rispettare il principio della neutralità tecnologica per garantire una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa verso una mobilità a zero emissioni”, chiedono a Bruxelles “un atto giuridicamente vincolante” sugli e-fuel, come da richiesta tedesca, per “concludere positivamente il dossier”, ma, al contempo, pongono una condizione: il governo non accetterebbe “un’interpretazione indebitamente ristretta da parte della Commissione del concetto di carburanti neutri”, con l’esclusione dei biocarburanti.  evidente come ai massimi livelli istituzionali qualcosa si stia muovendo, con proposte e controproposte e anche delle retromarce impreviste e imprevedibili.  il caso proprio di Timmermans: il vice commissario è stato bollato come arrogante per l’atteggiamento di totale chiusura sul dossier dello stop al 2035, ma negli ultimi giorni è stato protagonista di non poche aperture proprio sugli e-fuel e sulle richieste del settore di una maggior neutralità tecnologica.

Le ultime dai costruttori. L’intera filiera automobilistica si trova alle prese con un periodo di profonda incertezza e grandi cambiamenti. Lo dimostrano gli ultimi allarmi lanciati dall’Acea sulla competitività di un settore alle prese con una pressione normativa ed economica senza precedenti. Il presidente Luca de Meo ha colto l’occasione di un’audizione tenuta all’Europarlamento a pochi giorni dalla riunione del Consiglio europeo: da domani 23 i rappresentanti dei Paesi membri discuteranno di diversi argomenti, alcuni dei quali di particolare importanza per l’economia europea, tra cui sicurezza energetica, mercato unico o del patto di stabilità. De Meo ha, in particolare, avvertito delle concorrenza “molto asimmetrica” con Cina e Stati Uniti, mentre il direttore generale Sigrid de Vries ha puntato l’attenzione sull’enorme volume di nuove normative e chiesto una legislazione “coerente, realizzabile e competitiva in un contesto globale”, a partire dai nuovi standard di emissione Euro 7, per i quali non sono pochi i Paesi e gli stessi costruttori che chiedono profonde modifiche e magari un rinvio rispetto all’intento originario della Commissione europea su un’entrata in vigore già per il 2025. “La recente proposta Euro 7 sulle emissioni inquinanti è un ottimo esempio di un regolamento che aggiungerà complessità e incertezza alle decisioni chiave e agli investimenti dei produttori di veicoli europei, senza apportare i benefici ambientali che la proposta promette di ottenere”, ha proseguito il direttore generale. In particolare, per l’associazione, con l’Euro 7 si avrebbe un impatto solo “marginale” sulla riduzione delle emissioni a “un costo elevato”: è previsto aumento medio di 2.000 euro al prezzo di un’auto nuova, che rischia di prolungare la vita delle vecchie auto, con un effetto controproducente sull’ambiente e sul clima”. Ecco perché de Meo ha chiesto da parte sua che si punti più su un “rinnovo del parco circolante” per ridurre le emissioni sia di CO2 che di particelle inquinanti, e di concentrare le attenzioni sulle grandi aree urbane. “Il nostro messaggio ai responsabili politici dell’Ue è che è possibile migliorare la qualità dell’aria, ridurre l’impatto climatico e mantenere la competitività allo stesso tempo. Siamo pronti a lavorare insieme per trovare i percorsi migliori per raggiungere questi obiettivi”, ha concluso de Meo. Ora tocca ai politici rispondere.