Contromano – Motus-E: “Auto elettriche ed energia da fonti rinnovabili crescono di pari passo”

Come segretario generale di Motus-E, prima associazione in rappresentanza degli stakeholder della catena del valore della mobilità elettrica in Italia, a seguito dell’intervista del ministro Roberto Cingolani credo sia doveroso affrontare alcuni punti emersi. Moltissimi studi hanno dimostrato che la mobilità elettrica è un percorso efficace di decarbonizzazione dei trasporti persino in quei Paesi in cui il mix di generazione di energia elettrica è dipendente dal carbone (come Polonia, Cina e India), senza contare il grande apporto al miglioramento della qualità dell’aria nei centri urbani che i veicoli elettrici garantiscono, al contrario di quelli che sfruttano altre tipologie di alimentazione. Tra le varie pubblicazioni c’è anche uno studio dell’Icct (International Council on Clean Transportation), che ha analizzato l’intero ciclo di vita (Lca) di tutti i tipi di propulsori rilevanti.

Nel caso particolare dell’Italia, il 40% del fabbisogno di energia elettrica è prodotto da fonti rinnovabili (report Gme 2020) e meno del 3% proviene da centrali a carbone, che dovrebbero essere dismesse entro il 2025; dalle dichiarazioni del ministro sembra evincersi un maggiore peso della produzione da carbone che, invece, è quasi del tutto irrilevante. Proprio per questo motivo, la percentuale di fonti rinnovabili previste nel mix per la produzione di energia elettrica è destinata a crescere significativamente: ciò giustifica ancor di più la transizione verso la mobilità a emissioni zero, sia perché il parco circolante elettrico diventa sempre meno climalterante senza necessità di essere sostituito, sia perché aumenta l’efficienza con cui si utilizza energia rinnovabile, sia perché i mezzi elettrici sono una naturale fonte di stoccaggio per la produzione discontinua dalle rinnovabili stesse: la società Rse (Ricerca sul Sistema Energetico) stima infatti in 30 GWh il potenziale di accumulo delle auto circolanti entro il 2030 nei confronti della produzione da impianti rinnovabili. Per concludere, quindi, la crescita di rinnovabili si accompagna a quella dei veicoli elettrici: non si deve attendere l’una per realizzare l’altra.

La discussione pubblica sembra essere confusa su due temi: l’obiettivo degli incentivi e gli scenari del parco circolante fra 10-15 anni. Proprio gli incentivi, che moltissimi Paesi europei (come Spagna, Francia, Germania) hanno inserito nei propri Recovery Plan per i prossimi quattro anni, hanno l’obiettivo di raggiungere quote di mercato minime relative ai veicoli con emissioni comprese nella fascia 0-60 g/km di CO2, in modo da abbassare il prezzo di acquisto per tutti i segmenti, specialmente quelli A e B, che in Italia registrano il maggior numero di vendite.

Per quanto riguarda gli scenari, noi di Motus-E, con le aziende leader del settore associate, abbiamo preso come riferimento il Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), nel quale si pianifica di raggiungere 4 milioni di veicoli elettrici puri e 2 milioni di ibridi plug-in nel 2030: un contributo fondamentale per ridurre del 40% le emissioni del settore trasporti. L’obiettivo prefissato nel piano stilato nel 2019 è sfidante: in Italia, partendo oggi da una quota del 4% di BEV dovremmo raggiungere, nel 2030, il 50% delle immatricolazioni totali. Attualmente, l’ente presieduto da Cingolani sta rivedendo questo programma con nuovi obiettivi che prevedono una riduzione di CO2 del 55% entro il 2030, ed è plausibile che il contributo dei veicoli elettrici a batteria sia destinato ad aumentare. A questo punto, visto che il ministro palesa spesso il timore di un’accelerazone troppo forte sull’elettrico, sorge una domanda: quale sarebbe, per lui, una velocità di crescita accettabile?

Fatte queste premesse, è doveroso ragionare per obiettivi, che siamo sicuri sposino le sensibilità del Ministero: la riduzione del circolante totale nei prossimi 10-15 anni, che può diminuire di almeno 4 milioni di unità; la rottamazione delle vetture Euro 0-4; il sostegno ai veicoli di categoria M e N a zero emissioni, fino all’istituzione di quote di mercato minime (per esempio il 15% di BEV); un supporto, nell’arco dei prossimi 15 anni, alla nostra industria (che oggi vede un proprio prodotto al primo posto nella classifica di vendite di veicoli elettrici puri in Italia).   

Anfia, l’associazione che rappresenta i componentisti auto, uscendo dal tavolo del Mise dedicato all’automotive ha avvertito che 70 mila posti di lavoro nel settore sono a rischio: questa denuncia ci trova d’accordo, perché l’Italia sta ignorando gli enormi cambiamenti del settore trasporti. Paesi come Francia e Germania hanno iniziato a investire nell’elettrificazione della componentistica dei trasporti già da sei anni, la Spagna ha previsto per questo 13 miliardi dei 79 totali del Recovery Plan e tutti i costruttori di auto, di cui siamo fornitori netti, stanno investendo sulla mobilità elettrica. Elettrificazione e digitalizzazione della mobilità spostano posti di lavoro verso altre competenze, ma alcune dinamiche di cambiamento non sono legate all’elettrificazione dei powertrain: l’aumento della capacità produttiva tramite automazione, infatti, porta a un’inevitabile contrazione dei posti di lavoro. Il pacchetto “Fit for 55”, con l’obiettivo di abbattere, entro il 2030, le emissioni di CO2 del 55% rispetto ai livelli del 1990, fino al raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050, offre all’Europa l’opportunità di spingere l’industria del nostro continente ad assumere un ruolo di guida nel settore nei prossimi trent’anni. Abbiamo 15 anni per agire e aiutare le nostre imprese, favorendo fusioni e acquisizioni fra di loro affinché raggiungano la crescita dimensionale e l’acquisizione di know-how necessarie, rafforzando il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo di prodotto, aumentando gli investimenti sulla formazione delle risorse e supportando la domanda di veicoli puliti prodotti in Italia nei prossimi 3-4 anni.         

La nostra associazione resta sempre disponibile a un confronto aperto e costruttivo per supportare il ministero su qualsiasi aspetto, sia qualitativo che quantitativo.