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Nomi che cambiano – Da Milano a Junior, ma non è la prima volta

Addio Milano, è tempo di Junior. Dopo le accuse di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, di presunta violazione delle norme sull’Italian Sounding, l’Alfa Romeo ha optato per un repentino cambio di denominazione della sua prima auto prodotta esclusivamente all’estero. Sebbene la motivazione sia inedita altre vetture di produzione straniera adottano nomi riferiti a località italiane non si tratta di un caso unico nel mondo dell’auto: lo stesso costruttore lombardo non è nuovo a questi dietrofront e alcuni tra i casi più eclatanti riguardano anche Fiat, Porsche e un nuovo brand italiano, come spieghiamo nei prossimi paragrafi.

Era già accaduto. Il nome Milano, già utilizzato per la 75 negli Usa, sembrava destinato all’erede dell’Alfa Romeo 147, prima di un ripensamento attribuito addirittura a Sergio Marchionne, ceo del gruppo Fiat, che al termine del 2009 avrebbe chiesto per lei un cambio di denominazione: non più Milano ma Giulietta. In quel caso la vettura non era stata ancora svelata al grande pubblico: la presentazione sarebbe avvenuta al Salone di Ginevra del 2010, per festeggiare al meglio il centenario del marchio con una vettura dal nome nostalgico. Proprio come Junior.

Nome aggressivo. Non molto tempo prima, nel 2008, sembrava certo il nome Furiosa per la prima utilitaria sportiva del Biscione, poi entrata in produzione come Alfa Romeo MiTo. L’Alfa Romeo, proprio come accaduto con la nuova B-Suv, aveva in precedenza affidato la scelta del nome agli appassionati tramite un sondaggio online: quello più gettonato risultò, appunto, Furiosa. Un termine affascinante, ma forse più adatto a una supercar che a un’auto pensata anche per i neopatentati. La scelta della Casa, pertanto, è ricaduta sul nome MiTo, una commistione tra la sigla di Milano, città del Biscione, e quella di Torino, dove sarebbe stata prodotta fino al 2018. E pensare che, prima ancora del sondaggio, sembrava proprio Junior il nome più accreditato per questa vettura.

Nome dolce. Quello tra il Biscione e i sondaggi tra il grande pubblico, del resto, sembra essere un rapporto complicato. Persino la sua auto più iconica, ovvero la Spider prodotta dal 1966 al 1994, aveva subìto un simile intoppo: a seguito di un concorso indetto tra gli appassionati, il nome individuato per questa vettura fu Duetto. Peccato che fosse anche la denominazione di una celebre merendina: l’azienda produttrice, che si rivolse al Tribunale di Milano, ottenne il ritiro del nome, utilizzato solo sui primissimi esemplari della scoperta. Non un grande problema: la parola Duetto, seppur solo come nomignolo, sarebbe rimasta per sempre associata a questa vettura.

Problemi Oltralpe. Il caso della Fiat Panda di seconda generazione ricorda molto quello della nuova Alfa Romeo Junior. La vettura, infatti, era stata presentata al Salone di Ginevra del 2003 come Gingo: un nome di fantasia, giocoso come la stessa auto, ma fin troppo simile a Twingo. Ecco perché a Torino, dopo i contatti della Renault, sarebbero tornati sui propri passi ribattezzando in estate la vettura come Panda, prima che arrivasse negli showroom. E fu un bene.

Lo zero è di Peugeot. Persino Porsche ha dovuto ripensare il nome di una sua vettura. E non una qualsiasi, ma la sua più amata sportiva, la 911. Proprio così: la vettura venne presentata (senza motore) al Salone di Francoforte del 1963 come Porsche 901, per poi entrare in produzione con tale nome nel 1964. Un semplice numero a cui nessuno avrebbe dato troppo peso, tranne la Peugeot che rivendicava l’uso dei nomi a tre cifre con lo zero al centro: onde evitare problemi con la Casa francese, l’auto sarebbe uscita con il nome 911 dopo soli 82 esemplari prodotti con il nome 901.

Marchio ripensato. Chiudiamo la carrellata di esempi con un altro cambio di denominazione, questa volta riferito a un recente brand di fuoristrada del gruppo Di Risio. Lanciato come ICKX, ha attirato le attenzioni di Jackie Ickx, che non avrebbe gradito l’utilizzo di un nome a lui facilmente associabile, soprattutto a seguito di una campagna pubblicitaria di un noto dealer, incentrata proprio su un collegamento con l’ex pilota. La vicenda ha portato Ickx a contestare, presso il tribunale di Torino, l’uso illecito del proprio cognome, ottenendo un’ordinanza cautelare che ne vieta lo sfruttamento, come abbiamo spiegato con dovizia di particolari. Da parte sua, DR precisa che nelle proprie intenzioni il marchio Ickx fa riferimento solo ed esclusivamente alla X, intesa da sempre in ambito automotive come simbolo del mondo off-road e che giammai nella registrazione nominale ICKX (che foneticamente si legge X) c’è stata la volontà di ricondurlo all’ex pilota belga. Nelle more del giudizio, DR Automobiles ha deciso, nel pieno rispetto di Jaques Ickx e indipendentemente da quella che sarà la sentenza del giudice ordinario, di modificare la registrazione del marchio in ICH-X.