Russia-Ucraina – Travolta anche l’auto: cassa integrazione in Germania e taglio alle stime di mercato

La guerra in Ucraina sta avendo delle conseguenze dirette sulle attività del settore automobilistico, anche al di fuori dei Paesi direttamente interessati dal conflitto. La Volkswagen, per esempio, è stata costretta a sospendere per alcuni giorni la produzione presso gli impianti di Zwickau, Dresda e Wolfsburg a causa di problemi nell’approvvigionamento di componentistica: tra le varie carenze spicca la mancanza di cavi elettrici, fabbricati proprio in Ucraina. Di conseguenza, la Casa tedesca ha deciso di ricorrere al Kurzarbeit, lo strumento del lavoro a orario ridotto simile, sotto alcuni aspetti, alla Cassa integrazione ordinaria italiana.

Le contromosse. La Volkswagen non è la sola a subire gli effetti dell’escalation militare o delle sanzioni imposte dai Paesi occidentali. L’AvtoVaz del gruppo Renault ha sospeso quasi tutte le attività in Russia, mentre il produttore di pneumatici Nokian ha spostato in Finlandia e Usa la produzione di una fabbrica della Federazione; la giapponese Sumitomo ha fermato i suoi impianti ucraini di componenti elettriche per l’auto; la tedesca Leoni ha chiuso le sue due fabbriche di sistemi di cablaggio e la Pirelli ha adottato un piano di emergenza, avviando alcune iniziative di mitigazione dell’impatto negativo.

Lo stop all’export. La Volvo, poi, è stata la prima tra le Case a bloccare tutte le consegne di veicoli ai concessionari russi per evitare qualsiasi rischio commerciale, comprese le sanzioni. Analoga decisione è stata presa dall’Aston Martin, dalla General Motors, dalla Honda, dalla Jaguar Land Rover, dalla Mitsubishi, dalla Toyota e dalla Volkswagen. La BMW, che ha annunciare lo stop alla produzione di suoi veicoli presso un impianto della AvtoTor a Kaliningrad e il blocco delle esportazioni verso la Russia, è stata costretta a programmare la sospensione delle attività di assemblaggio nei siti tedeschi di Dingolfing e Monaco di Baviera e della fabbricazione di motori a Steyr (Austria). Anche la Mercedes ha bloccato le attività in una fabbrica vicino Mosca e le esportazioni di veicoli. La Porsche ha optato per la chiusura temporanea di Lipsia a causa dei colli di bottiglia nelle forniture di componentistica, l’Audi ha programmato delle chiusure a Ingolstadt e Neckarsulm, mentre la Ford ha informato il partner russo Sollers della sua decisione di sospendere tutte le attività in Russia con effetto immediato. La Hyundai e la Toyota hanno chiuso i cancelli dei rispettivi impianti a San Pietroburgo, mentre la Skoda ha limitato le attività produttive presso le fabbriche di Kaluga e Ninij Novgorod. Stellantis, che ha comunque una presenza marginale sul mercato russo e ha già fermato le proprie attività produttive in Russia, e la Volkswagen hanno istituito apposite task force per valutare le conseguenze del conflitto e delle sanzioni e proteggere il personale locale. 

Le reazioni russe. Iniziative del tutto simili sono state prese anche da produttori di camion del calibro della Daimler Truck o della Volvo AB, nonchè da nunerosi fornitori quali la ZF o da grandi realtà legate al mondo delle quattro ruote come la TotalEnergies. La società petrolifera francese TotalEnergies, oltre a rivelare che  “non fornirà più capitali per nuovi progetti in Russia”, ha annunciato il suo sostegno alle sanzioni messe in atto dall’Europa e l’intenzione di attuarle “indipendentemente dalle conseguenze (attualmente in fase di valutazione) sulle sue attività” russe. Quest’ultima affermazione dei transalpini rappresenta una risposta alle ultime dichiarazioni arrivate da Mosca per bocca del primo ministro Mikhail Mishustin. La Russia, infatti, sta lavorando ad un decreto per impedire agli investitori esteri di lasciare il Paese. “Alla fine questa pressione delle sanzioni diminuirà, e coloro i quali non avranno fermato i loro progetti nel Paese saranno i vincitori. Come insegna l’esperienza, è facile abbandonare un mercato, ma è molto più difficile tornare dove i concorrenti hanno acquisito una solida presenza”, ha affermato Mishustin, lanciando un chiaro avvertimento alle aziende intenzionare ad abbandonare la Russia.

Prospettive fosche. In ogni caso, tutti i costruttori e i fornitori hanno alzato il livello di allerta per verificare le implicazioni del conflitto sulle prospettive dell’intero settore. A tal proposito, pochi giorni fa due società di analisi, la J.D. Power e la LMC Automotive, hanno rivisto le proprie stime sulle vendite globali per il 2022, tenendo conto dell’impatto sulla domanda europea e del nuovo fattore di rischio sostanziale per le speranze di ripresa del mercato. In particolare, il 2022 si dovrebbe chiudere con la vendita di 85,8 milioni di veicoli leggeri, 400 mila in meno rispetto alle stime precedenti.